“Orchestratore della repressione nel Ciad, dove impunità e terrore dettavano legge”.
“Orchestratore della repressione nel Ciad, dove impunità e terrore dettavano legge”. Con queste parole Gberdao Gustave Kam, magistrato del tribunale speciale di Dakar, ha condannato all’ergastolo l’ex presidente del Ciad, Hissène Habré, 73 anni.
Una sentenza accolta con soddisfazione in aula da vittime e militanti per i diritti umani.
Habré è stato giudicato colpevole di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e violenza sessuale dalla corte istituita da Senegal e Unione Africana e ha 15 giorni per fare ricorso.
#HissèneHabré guilty of torture, rape, war crimes, and crimes against humanity https://t.co/XuZyZDVlwQpic.twitter.com/8y8DTZVjuG
— Human Rights Watch (@hrw) 30 mai 2016
Nel 1990 un colpo di Stato guidato da Idriss Déby lo aveva estromesso dal potere che aveva esercitato per otto anni. Habré si era rifugiato in Senegal dove è stato arrestato soltanto tre anni fa. Il processo si era aperto lo scorso luglio.
Da dittatore Habré è stato responsabile di torture e uccisioni di migliaia di oppositori, per mezzo della Direzione di Documentazione e Sicurezza, la polizia politica. Sarebbero 40.000 i morti secondo una commissione d’inchiesta ciadiana, 4000 dei quali sono stati identificati.
È la prima volta che un ex capo di Stato viene processato per violazioni dei diritti umani dalla giustizia di un altro Paese e non da una corte internazionale. È anche un segnale di incoraggiamento per i Paesi africani che intendono processare i propri dirigenti, in un momento di crescente malcontento nei confronti della Corte Penale internazionale dell’Aia, accusata di perseguire soltanto leader africani.