Ridurre lo zucchero? Facile a dirsi...

L’OMS raccomanda di non consumare più di 50 grammi di zucchero al giorno: più o meno.
In effetti, l’organismo dell’ONU che si occupa della nostra salute dice che si dovrebbe ridurre il consumo di zuccheri al 10% del totale del nostro consumo energetico (calorie). In media, quindi, 50 grammi. Meglio sarebbe un’ulteriore riduzione, addirittura al 5%.
Così facendo si riduce drasticamente il rischio di carie, sovrappeso e obesità (e quindi i rischi cardiovascolari connessi).
Attualmente in Europa le raccomandazioni raramente si azzardano a scendere al di sotto di una soglia del 15% (come in Italia). E il consumo medio di un adulto nell’Europa occidentale è di 101 grammi.
Tagliare della metà l’apporto energetico degli zuccheri non è facile, ma con un po’ di consapevolezza in più e qualche semplice regola di comportamento…
In effetti, la raccomandazione dell’OMS considera gli zuccheri liberi monosaccaridi e disaccardi (per intenderci: glucosio, fruttosio, saccarosio) aggiunti ad alimenti e bevande, ma anche quelli presenti naturalmente nel miele, negli sciroppi, nei succhi di frutta. Esclusi invece gli zuccheri naturalmente presenti in frutta, verdura e latte freschi: quelli non fanno male.
Morale: mangiate fresco, mangiate vario e non mangiate per noia o per stress: la gran parte degli zuccheri “da ingrasso” è contenuta in alimenti trasformati, solitamente proposti ovunque e in confezioni pratiche e attraenti…
Su questa “morale” sono d’accordo anche quanti non condividono l’approccio quantitativo dell’Organizzazione Mondiale della Salute: per esempio il governo italiano. Il Ministero della Salute si era già opposto in passato all’imposizione di regole di riduzione degli ingredienti, che metterebbero in difficoltà l’industria dolciaria italiana (spesso legata a tradizioni di lunga data): l’approccio giusto, dice il governo di Roma, non è quello che impone una riduzione del contenuto di zuccheri, ma quello che insegna le giuste abitudini di consumo. Cioè: non esistono cibi cattivi, ma le cattive abitudini alimentari sì. Ed è su quelle che si deve agire.