Darfur, una guerra civile lunga undici anni

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Il Darfour, regione del Sudan occidentale, è teatro dal 2003 di un sanguinoso conflitto. Una guerra civile che ha dilaniato in più di un decennio la

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Il Darfour, regione del Sudan occidentale, è teatro dal 2003 di un sanguinoso conflitto. Una guerra civile che ha dilaniato in più di un decennio la popolazione locale.

Territorio che se a fatica riesce a conquistarsi l’attenzione dei grandi media internazionali è invece perennemente al centro dei rapporti delle Ong, che denunciano le violenze e le quotidiane violazioni dei diritti umani.

Al centro delle diatribe la storica avversione tra la popolazione nera originaria della regione e quella nomade, di origine araba. Un’avversione che risale a tempi arcaici, ma che dal 1956- anno dell’indipendenza del Sudan- è andata crescendo fino ad arrivare al 2003.E’ in questo anno che nascono le milizie Janjawid (i demoni a cavallo). Si tratta di militanti islamisti reclutati tra i nomadi arabi (i baggara) che nel giro di poco tempo, potendo contare sul consenso non dichiarato di Khartoum, avviano una vera e propria carneficina ai danni della popolazione nera originaria del Darfur. Nascono allora l’esercito di liberazione del Sudan e il Movimento per l’Uguaglianza, le due principali forze di opposizione ai Janjawid, che però si scagliano anche contro obiettivi governativi.

Trecento mila i morti ufficiali e oltre 2,7 milioni di profughi dal 2003: le cifre diffuse dalle Nazioni Unite sul Darfur raccontano di un conflitto terribile. Ai numeri si aggiungono le denunce della popolazione civile che accusa Khartoum di essere intervenuta dirtettamente nel conflitto aiutando i miliziani islamisti con raid aerei. L’accusa di genocidio lanciata dagli Stati Uniti al Governo centrale, però, è stata smentita nel 2005 da un rapporto dell’Onu. “Il governo sudanese non ha avallato né direttamente, né indirettamente alcuna politica volta al genocidio” si legge nel rapporto delle Nazioni Unite “Questo non deve però portare a una riduzione della gravità dei crimini commessi nella regione”.

L’accordo di pace arriva soltanto nel 2008, a seguito dell’apertura da parte del Sudan alla missione di pace guidata da Onu e Unione africana. Il testo, però, non viene firmato da tutte le parti in conflitto.

Nel 2009 il Presidente sudanese Omar Al Bashir è accusato di crimini di guerra. Come reazione Khartoum espelle 13 persone coinvolte nella missione di pace e alcuni gruppi umanitari dal Paese.

Nel 2010 , poco prima delle elezioni, arriva il secondo accordo di pace. Firmato tra Al Bashir e i ribelli. Si dichiara la fine della guerra. Il tribunale dell’Aja emette un mandato di arresto nei confronti di Al-Bashir con l’accusa, questa volta, di genocidio. Nel 2014, però, il mandato viene sospeso e le prove a carico del Presidente al Bashir, intanto rieletto alla guida del Paese, decadono. Tra il 2013 e 2014 nella regione riprende il conflitto. Un altro mezzo milione di persone lascia il Darfur nella speranza di riuscire a salvarsi. Pochi giorni fa la nuova denuncia di Human Rights Watch: nel 2014, 221 donne sono state violentate da militari dell’esercito sudanese. Le forze di Khartoum, però, negano le accuse.

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