"Ergenekon risale al 1913". Il giornalista turco Markar Esayan commenta la sentenza

"Ergenekon risale al 1913". Il giornalista turco Markar Esayan commenta la sentenza
Di Euronews
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Lunedì la giustizia turca ha emesso il proprio verdetto su una delle vicende più complesse nella storia del Paese. Il tribunale di Silivri, una cinquantina di chilometri a ovest di Istanbul, ha condannato i membri di Ergenekon, l’organizzazione che stava pianificando un colpo di Stato, a pene che vanno fino all’ergastolo. Gli imputati erano accusati di omicidio e attentati.
Nel mirino dell’inchiesta le alte gerarchie militari, ma anche responsabili politici, universitari e giornalisti che, secondo l’accusa, avevano l’obiettivo di far cadere il governo islamista-conservatore del premier Recep Tayep Erdogan. Tra i condannati all’ergastolo figura l’ex capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Ilker Basbug, riconosciuto colpevole di aver ‘tentato di rovesciare con la forza l’ordine costituzionale’.

Mustafa Balbay, noto giornalista di un quotidiano di sinistra, eletto durante la sua detenzione a deputato del CHP, il principale partito d’opposizione, è stato condannato a 35 anni di carcere. Su 275 accusati, solo 21 le assoluzioni. L’esecutivo non ha voluto commentare la sentenza. Soltanto il portavoce ha dichiarato alla stampa che il governo rispetta le decisioni della giustizia: ‘‘È un fatto – ha spiegato Bülent Arinç – che nessuno abbia alcun diritto di commettere un crimine. La Corte ha preso la migliore decisione in base alle sue delibere. Vedermo cosa accadrà in appello’‘.

Lunedì, davanti al tribunale, era stato dispiegato un ingente dispositivo di sicurezza, con centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, supportati da veicoli blindati e cannoni ad acqua.

  • Ergenekon trial protests

Anadolu agency

Ciò nonostante si sono registrati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine nei pressi di Silivri, sull’autostrada che collega Istanbul a Tekirdag. La polizia ha risposto ai lanci di pietre con idranti e gas lacrimogeni. Dal 2008 decine di ufficiali, ancora in servizio o già in pensione, sono stati arrestati nell’ambito di questa inchiesta nata in seguito al ritrovamento di una cassa contenente armi da fuoco nel 2007, quando i militari si opponevano alla nomina di Abdullah Gül alla presidenza della Turchia. L’esercito, che per decenni è stato considerato il custode dei valori laici della Repubblica turca, dal 1960 ha rovesciato tre governi eletti democraticamente e nel 1997 ha costretto un esecutivo filo-islamico alle dimissioni. Per parlare delle condanne comminate dal tribunale di Siliviri contro le persone accusate di aver fatto parte di Ergenekon, il nostro inviato a Istanbul Bora Bayraktar ha intervistato Markar Esayan, scrittore e caporedattore del quotidiano turco indipendente Taraf.

Bora Bayraktar, euronews:
“Per prima cosa vorrei chiederle: cosa significa per la Turchia il caso Ergenekon? Di cosa si tratta?”

Markar Esayan:
“Non è soltanto un processo a un tentativo di un colpo di Stato militare ma è anche un processo a tutti gli omicidi e gli incidenti provocati per convincere le persone che un golpe era necessario. Da questo punto di vista è il primo di questo genere in Turchia. Politicamente è un punto di svolta e una pietra miliare. Ed è per questo che ha innescato parecchie discussioni. All’inizio se ne discuteva in pubblico e l’opinione pubblica era divisa in due. Ma era normale. Non si tratta più del governo dei privilegiati ma del governo della legge. Generali, rettori, uomini d’affari, giornalisti, persone molto note e membri dell’esercito, politici considerati intoccabili davanti alla giustizia. E lunedì sono stati condannati. Per la prima volta nella storia della Turchia.

euronews:
“Data la natura politica del caso, alcune persone lo percepiscono come un tentativo di vendetta. Anche Lei pensa che i gruppi politici furono messi sotto pressione dai militari e che ora l’apparato burocratico voglia vendicarsi?”

Markar Esayan:
“Io non sarei d’accordo, non posso esserlo. La vera risposta alla sua domanda è: con questo caso, così come con il caso Sledgehammer, la Turchia sta cambiando la concezione dello Stato. Quando parliamo di Ergenekon non stiamo parlando di persone o di una banda ristretta, di poche persone, che si riunivano in uffici segreti per organizzare crimini. Ergenekon è ciò che negli anni Cinquanta veniva chiamata Gladio o contro-guerriglia o JİTEM, controversa ala dell’intelligence turca. Sotto nomi diversi sopravvive. Se non si colloca tutto questo in un certo periodo storico non si può capire. Per me Ergenekon inizia nel 1913 con l’attacco di Unione e Progresso contro i liberali Ottomani. Include omicidi e golpe ed è la struttura dello Stato. Voglio dire: Ergenekon non è un’organizzazione ma uno Stato nello Stato. Era un modo di governare lo Stato che comprendeva l’eliminazione degli avversari utilizzando la forza dello Stato, giustiziando i ministri e il presidente del Consiglio, come hanno fatto”.

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