Questo mercoledì il Parlamento europeo ha assegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero 2012 all’avvocato iraniana, oppositrice del regime di Teheran, Nasrin Sotoudeh e al suo connazionale, il regista Jafar Panahi, entrambi detenuti nelle carceri iraniane. A ritirare il premio dell’avvocato: Shirin Ebadi. euronews ha intervistato il premio Nobel per la Pace per parlare della situazione dei diritti umani in Iran.
Hossine Alavi, euronews:
“Quale messaggio porta con sé il premio europeo Andrei Sakharov per i diritti umani assegnato a Nasrin Sotoudeh e a Jafar Panahi? Avrà un impatto sull’Iran?”
Shirin Ebadi, premio Nobel per la Pace:
“Il primo messaggio è che il mondo è cosciente della lotta pacifica degli iraniani per ottenere democrazia e diritti umani. Altra cosa importante è che mostra al mondo come in Iran le libertà politiche e individuali siano limitate al punto che un famoso regista, che stava facendo un film, è stato arrestato, condannato e incarcerato addirittura prima che finisse le riprese e prima che il film arrivasse nelle sale. Anche la vicenda dell’avvocato Nasrin Sotoudeh, condannata a sei anni di prigione e a vent’anni di interdizione dal suo lavoro, mostra ciò che sta avvenendo in Iran”.
euronews:
“In passato Lei ha sottolineato come l’Occidente, dovrebbe porre più attenzione, oltre che al programma nucleare iraniano, anche alla questione dei diritti umani e della sicurezza degli iraniani. Cosa si attende in particolare dall’Unione europea?”
Shirin Ebadi:
“L’Unione europea dovrebbe allungare la lista degli individui soggetti a sanzioni per violazione dei diritti umani. Dovrebbe anche adottare sanzioni che non colpiscano la popolazione ma che mirino a indebolire il regime. Io vorrei ad esempio che il governo iraniano non fosse in grado di mettere fuori uso le televisioni europee satellitari per diffondere soltanto odio e menzogne. E che per le prossime elezioni in Iran i rappresentanti dell’Unione europea siano presenti per supervisionare le operazioni di voto”.
euronews:
“Il mese scorso la morte in prigione, durante un interrogatorio, di Sattar Beheshiti, blogger iraniano. La vicenda è stata percepita dall’opinione pubblica mondiale come un caso evidente di violazione dei diritti umani. Perfino il sistema giudiziario iraniano ha iniziato a occuparsi del caso. Tuttavia sembra che questo caso sia stato derubricato a semplice errore di ufficiali governativi. Come si può fare in modo che la magistratura iraniana si assuma le proprie responsabilità?”
Shirin Ebadi:
“Il problema più importante è che il sistema giudiziario in Iran ha perso la sua indipendenza ed è diventato un dipartimento del ministero dell’Intelligence. Sfortunatamente i funzionari della sicurezza possono fare quel che vogliono e i giudici che seguono casi simili si limitano a mettere una firma sulla sentenza e a obbedire agli ordini. La cosa più importante è che occorre ridare indipendenza al sistema giudiziario e questo non è possibile senza una sua ristrutturazione”.
euronews:
“La missione in Iran dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani Ahmed Shaheed è ancora da definire. I funzionari iraniani non gli hanno ancora dato il permesso di visitare l’Iran. Quali altre misure può prendere l’ONU a questo riguardo?”
Shirin Ebadi:
“Le Nazioni Unite hanno capito molto bene che il governo iraniano sta cercando di nascondere delle cose ed è per questo che non concede un visto al signor Shaheed. Tra queste cose ci sono le elezioni che si terranno in Iran: le autorità iraniane fingono che siano libere elezioni. I rappresentanti dovrebbero andare in Iran e osservare le operazioni di voto per vedere se le presidenziali saranno o meno elezioni libere e giuste, senza brogli e se seguiranno le linee guida approvate dell’unione interparlamentare che il governo iraniano ha sottoscritto. Questi inviati dovrebbero controllare se le elezioni siano basate sulle convenzioni per i diritti umani a cui anche l’Iran ha aderito”.
euronews:
“Nelle prigioni iraniane oltre a giornalisti, avvocati, attivisti per i diritti umani come la signora Sotoudeh, Abdolfattah Soltani, Ahmad Zeidabadi, Issa Saharkhiz e Mohammad-Seddigh Kaboudvand ci sono decine di altri prigionieri politici, sconosciuti che, secondo le organizzazioni per i diritti umani, sono messi sotto pressione assieme alle loro famiglie. Quali misure gli attivisti per i diritti umani e la comunità internazionale prenderanno a favore di questi prigionieri?”
Shirin Ebadi:
“Dovremmo ripetere il nome di queste persone che dovrebbero essere sostenute sempre e in ogni modo. Per esempio, assegnare loro un premio internazionale potrebbe portarle alla ribalta. Una di queste persone sconosciute, che è in gravi condizioni, è Javeed Houtan-Kian, l’avvocato di Sakineh Mohammadi la donna condannata a morte per lapidazione la cui condanna non è stata eseguita grazie alla pressione internazionale. Ma il suo avvocato principale Javid Houtan-Kian è stato condannato a sei anni di prigione. È rimasto per più di due anni nel carcere di Tabriz dove è stato sottoposto a durissime pressioni fisiche e psicologiche. Questo avvocato coraggioso ha bisogno di sostegno”.
euronews:
“Quest’anno, secondo il rapporto ufficiale della Repubblica islamica d’Iran, diverse persone sono state giustiziate dopo essere state condannate per traffico di droga. Attivisti per i diritti umani hanno espresso il timore che, sotto simili accuse, alcuni dissidenti politici possano essere stati uccisi. Il consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e altre istituzioni internazionali sono a conoscenza di questo timore?”
Shirin Ebadi:
“Purtroppo molte persone sono andate incontro all’esecuzione senza che nessuno ne venisse informato. Ci si chiede se fossero trafficanti di droga o se tra loro ci fossero dissidenti. Abbiamo protestato contro simili esecuzioni e la nostra protesta più importante è stata contro un sistema giudiziario che svolge simili processi a porte chiuse. Due mesi fa ci è arrivata la notizia che il medico legale ha visto i corpi di quattro donne morte per lapidazione. Quando sono state lapidate? Cosa è accaduto? È possibile che pene simili possano ancora essere eseguite nel ventunesimo secolo? Queste sono le domande che gli avvocati pongono ma purtroppo il regime non dà alcuna risposta”.