Una molecola appena scoperta potrebbe condurci a trovare un altro pianeta terra

La scoperta potrebbe condurci a trovare altri pianeti piccoli e rocciosi come la Terra
La scoperta potrebbe condurci a trovare altri pianeti piccoli e rocciosi come la Terra Diritti d'autore Getty Images via Canva
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Di David Walsh
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Siamo soli nell'universo? Gli astronomi hanno fatto un passo che potrebbe rivelarsi decisivo per rispondere a questa eterna domanda

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C'è vita oltre il nostro sistema solare? Un team di astronomi internazionali ha fatto un passo avanti per rispondere a questa vecchia domanda.

Una nuova ricerca pubblicata martedì ha scoperto quello che potrebbe essere un indizio importante per capire se esistono altri pianeti sconosciuti che potrebbero essere abitabili per le generazioni future.

Il team, guidato da scienziati della Queen's University Belfast, ha scoperto la presenza di una molecola contenente ossigeno nell'atmosfera di WASP-33b, un grande esopianeta che orbita attorno a una stella piuttosto che a un sole.

I risultati dello studio potrebbero rivelarsi preziosi per i futuri scienziati che esplorano le atmosfere di altri pianeti non rilevati, piccoli e rocciosi come la Terra.

Vorremmo sviluppare ulteriormente strumenti e tecniche che ci permettano di applicare questi metodi a pianeti più freddi e, infine, a una seconda Terra
Dr Hajime Kawahara
Professore assistente all'Università di Tokyo

"Mentre WASP-33b può essere un pianeta gigante -  ha spiegato il professor Chris Watson, capo del Exoplanet Group all'interno dell'Astrophysics Research Centre alla Queen's University Belfast e co-autore dello studio - queste  osservazioni sono il banco di prova per le strutture di prossima generazione come il Thirty Meter Telescope e l'European Extremely Large Telescope nella ricerca di 'biofirme' di vita extraterrestre su mondi più piccoli e potenzialmente rocciosi, che potrebbero fornire suggerimenti a una delle più antiche domande del genere umano: 'Siamo soli?'" 

Il Thirty Meter Telescope e l'European Extremely Large Telescope sono strutture in corso di progettazione alle Hawaii e nel deserto di Atacama in Cile, dove in futuro potrebbero avere luogo test simili il cui campo di osservazione dovrebbe spingersi al di là del nostro sistema solare.

Getty Images via Canva
il telescopio Subaru alle HawaiiGetty Images via Canva

Per questo studio, il team ha utilizzato l'esistente telescopio Subaru ad alta potenza alle Hawaii e un nuovo strumento chiamato InfraRed Doppler (IRD) per individuare le "impronte spettrali" di atomi e molecole emesse da WASP-33b.

Una seconda Terra

Il team è stato in grado di rilevare per la prima volta nell'atmosfera di un esopianeta il radicale idrossile (OH), una delle molecole più dominanti tra quelle contenenti ossigeno che si possano rilevare ad alte temperature.

Questa particolare molecola si trova nell'atmosfera terrestre quando il vapore acqueo reagisce con l'ossigeno atomico, una forma molto più pura e volatile del gas che respiriamo e che costituisce il 96% dell'orbita inferiore della Terra.

Sulla Terra, l'OH gioca un ruolo cruciale nel minimizzare il cambiamento climatico, agendo come un "detergente" che rompe l'accumulo di gas serra dannosi nell'atmosfera.

Mentre WASP-33b è molto più grande della Terra e con un'atmosfera molto più calda, la scoperta aiuterà ad affinare le tecniche che possono rilevare OH nell'atmosfera di pianeti molto più piccoli e simili al nostro.

"La scienza dei pianeti extrasolari è relativamente nuova, e un obiettivo chiave dell'astronomia moderna è quello di esplorare in dettaglio le atmosfere di questi pianeti ed eventualmente cercare esopianeti 'simili alla Terra' - pianeti simili al nostro", ha detto il dottor Neale Gibson, assistente professore al Trinity College di Dublino e co-autore della ricerca.

"Ogni nuova specie atmosferica scoperta migliora ulteriormente la nostra comprensione degli esopianeti e le tecniche necessarie per studiare le loro atmosfere e ci avvicina a questo obiettivo".

"Queste tecniche per la caratterizzazione atmosferica degli esopianeti - ha aggiunto il dottor Hajime Kawahara, assistente professore all'Università di Tokyo e coautore della ricerca - sono ancora applicabili soltanto a pianeti molto caldi, ma vorremmo sviluppare ulteriormente strumenti e tecniche che ci permettano di applicare questi metodi a pianeti più freddi e, infine, a una seconda Terra".

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