La premier danese Mette Frederiksen vuole estendere alle scuole e università il divieto di burka e niqab, e rimuovere le sale di preghiera: "Basta lacune che permettono il controllo religioso"
In Danimarca la prima ministra Mette Frederiksen ha annunciato l’intenzione di estendere il divieto di burka e niqab – già in vigore nei luoghi pubblici dal 2018 – anche agli istituti scolastici e universitari. La proposta, che ha già riacceso il dibattito nazionale, nasce dalla convinzione che “limitare l’applicazione del divieto è stato un errore”.
“Ci sono lacune nella legge che permettono il controllo sociale musulmano e l’oppressione delle donne nelle scuole danesi”, ha dichiarato Frederiksen ai media locali. La leader socialdemocratica ha ribadito che, sebbene il diritto alla fede sia garantito, “la democrazia viene prima”.
Il precedente del 2018 e le reazioni internazionali
Il divieto di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici fu introdotto in Danimarca sette anni fa, sollevando già allora critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International. “Tutte le donne dovrebbero essere libere di vestirsi come vogliono”, dichiarava l’Ong nel 2018, denunciando il rischio di discriminazioni sistemiche contro le minoranze religiose.
Oggi, l’annuncio di Frederiksen riporta il tema in cima all’agenda politica danese, rilanciando uno scontro tra chi invoca l’integrazione culturale e chi denuncia una deriva securitaria e identitaria.
Il ruolo della Commissione sulle donne dimenticate
L’iniziativa governativa arriva in risposta alle raccomandazioni della “Commissione per la lotta delle donne dimenticate”, un organismo creato dallo stesso esecutivo per affrontare le disuguaglianze vissute da donne con background migratorio.
Nel 2022, la commissione propose di vietare l’hijab nelle scuole primarie, sostenendo che avrebbe garantito pari diritti alle ragazze di minoranza. Tuttavia, dopo un’ondata di proteste, il Parlamento bocciò la proposta nel 2023. Oggi, con l’appoggio della premier, molte delle stesse raccomandazioni tornano al centro del dibattito.
Via anche le sale di preghiera dagli istituti scolastici?
Oltre al velo, Frederiksen ha annunciato di voler avviare un dialogo con il sistema educativo per rimuovere le sale di preghiera da scuole e università. “Non promuovono l’inclusione, ma alimentano discriminazioni e pressioni”, ha affermato.
Pur non invocando un divieto assoluto, la premier ha incaricato i ministri dell’Istruzione e dell’Istruzione Superiore – Mattias Tesfaye e Christina Egelund – di elaborare linee guida condivise con le istituzioni scolastiche per “chiarire che quelle sale non appartengono a quegli spazi”.
Religione e istruzione, un confine da ridefinire
La linea della premier è netta: “La società danese non può essere governata dal conservatorismo religioso”. Secondo Frederiksen, la scuola deve essere un luogo neutrale, dove prevale il diritto all’istruzione e non l’identità religiosa.
“Siete liberi di avere la vostra religione, ma quando siete a scuola, siete lì per imparare”, ha concluso, indicando che nei prossimi mesi il governo avanzerà una proposta legislativa per intervenire formalmente sul tema.