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I parenti degli ostaggi israeliani chiedono aiuto a Bruxelles

Secondo le stime, 137 ostaggi rimangono prigionieri di Hamas nella striscia di Gaza
Secondo le stime, 137 ostaggi rimangono prigionieri di Hamas nella striscia di Gaza Diritti d'autore AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di Shona Murray
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I parenti di alcuni degli ostaggi israeliani rapiti da Hamas si sono recati a Bruxelles, per chiedere alle istituzioni dell'Ue pressioni sul Qatar

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Il governo di Doha, infatti, sta al momento mediando tra Hamas e Israele per il rilascio dei prigionieri in cambio di tregue nei bombardamenti.

Le storie degli ostaggi rapiti da Hamas

Fra le persone rapite c'è Alon Shamriz, catturato durante l'irruzione dei miliziani di Hamas nel kibbutz di Kfar aza. Suo fratello Yonatan racconta i momenti terribili dell'attacco del 7 ottobre.

"La maggior parte della squadra di sicurezza era stata neutralizzata e più di 100 terroristi erano entrati nel kibbutz. Mi ero chiuso nella mia stanza di sicurezza e pregare... e poi alle 10 mio fratello minore Alon mi ha mandato un messaggio dicendomi che i terroristi erano a casa sua. Ha detto che era seduto in silenzio nella sua stanza di sicurezza. Gli ho mandato un messaggio dicendo che lo amo ed è forte, mi ha risposto con un'emoji a forma di cuore"

Inizialmente la famiglia credeva che Alon fosse stato ucciso, ma dopo una settimana è stata informata del rapimento. Da allora, nessuna novità.

Anche Yanit Ashkenazi si è recata a Bruxelles per chiedere il rilascio della sorella 30enne, Doron Steinbecher. Durante l'attacco di Hamas, mentre Yanit proteggeva i suoi due bambini piccoli, Doron, che viveva da sola, si nascondeva sotto il letto di casa sua. Fino a che i miliziani non l'hanno trovata e portata via.

«Quando ci hanno detto che c'erano molti terroristi nel kibbutz ho parlato subito con mia sorella. Mi disse che aveva paura, era sotto il letto nella stanza di sicurezza... Alle 10.20 ha parlato con mia mamma, le ha detto quanto aveva paura/ i terroristi stavano entrando in casa. La chiamata si è interrotta a metà."

Yanit e la sua famiglia, al momento, non hanno informazioni su Alon. Non sanno nemmeno se le è stato concesso di assumere i farmaci di cui ha bisogno. Come gli altri parenti degli ostaggi, sperano in un rilascio il prima possibile.

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