I "cavalli di Troia" della Cina in Europa

Le società cinesi possiedono o hanno partecipazioni in un'ampia gamma di infrastrutture critiche europee
Le società cinesi possiedono o hanno partecipazioni in un'ampia gamma di infrastrutture critiche europee Diritti d'autore AP Photo/Darko Vojinovic
Diritti d'autore AP Photo/Darko Vojinovic
Di Alice Tidey
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button

Le società cinesi possiedono o hanno partecipazioni in un'ampia gamma di infrastrutture critiche europee. E l'Unione dovrebbe occuaprsene a tempo debito

PUBBLICITÀ

La guerra in Ucraina e i sospetti atti di sabotaggio sulle infrastrutture chiave, come il gasdotto Nord Stream 1, stanno costringendo i Paesi europei a una serie riflessione.

A preoccupare i governi europei non è tanto la Russia, ma la Cina. Le società cinesi possiedono o hanno partecipazioni in un'ampia gamma di infrastrutture critiche europee, inclusi porti, aeroporti, società elettriche, parchi eolici e solari e telecomunicazioni.

La Cina in Europa

"Il timore più grande è che le infrastrutture critiche possano essere eliminate dalla Cina in una situazione di conflitto, o almeno che la Cina possa minacciare di farlo", spiega Tim Rühlig, ricercatore presso il German Council on Foreign Relations.

Tra il 2012 e il 2015 quando un'Europa in preda a una grave crisi finanziaria ha adottato drastiche misure di austerità che includevano la vendita di grandi infrastrutture: così ora le società cinesi possiedono partecipazioni nei porti di Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Belgio, Paesi Bassi e Germania, nonché in aeroporti come quello di Tolosa, in Francia.

Tale controllo comporta già dei rischi in tempo di pace, compreso lo spionaggio, ma anche la possibilità di utilizzare questi hub commerciali in Europa per favorire le proprie aziende rispetto a quelle regionali.

Scenari inquietanti

I pericoli crescono ora che il clima geopolitico è cambiato radicalmente. Se la Russia dovesse prevalere nella guerra in Ucraina, la Cina potrebbe sentirsi incoraggiata a utilizzare la forza nei confronti di Taiwan. Pechino considera l'isola parte del suo territorio e negli ultimi mesi ha intensificato la sua retorica sul possibile impiego dell'esercito per riprenderne il controllo. In tal caso, l'Unione non avrebbe altra scelta che quella di imporre sanzioni, alle quali ovviamente la Cina risponderebbe.

"Gli ultimi sei, sette anni hanno visto due cose. La Cina è diventata più autoritaria, meno alleata economicamente con noi, più divergente dal punto di vista politico", afferma a Euronews Agatha Kratz, direttrice del centro di ricerca indipendente Rhodium Group.

Le infrastrutture fisiche, come porti e aeroporti controllati dai cinesi potrebbero essere "sequestrate" o "congelate" dai paesi dell'Unione in un periodo di estreme tensioni geopolitiche, dice l'esperta. Mentre la vera preoccupazione riguarda il digitale e la dipendenza dell'Europa dalla tecnologia cinese.

"Mi preoccupo maggiormente per altri tipi di vulnerabilità, come nel caso del 5G: c'è la possibilità che possa essere utilizzato per lo spionaggio o semplicemente disattivato del tutto", afferma a Euronews Ian Bond, direttore della politica estera del think tank  Centre for European Reform, ha detto a Euronews.

"Abbiamo assistito di recente a un'interruzione del sistema ferroviario tedesco che sembra essere stata causata da un attacco informatico. Non è chiaro chi sia il responsabile, ma ovviamente se la Cina è all'interno del sistema e le aziende cinesi stanno installando alcuni di questi sistemi, allora le opportunità per il governo cinese di installare "interruttori nascosti" sono molto maggiori".

Dato che le aziende cinesi hanno partecipazioni nelle reti elettriche europee, nei campi di energia rinnovabile e nei sistemi di telecomunicazioni, i danni potenziali potrebbero essere enormi.

Ma anche se dovesse perdere il controllo sui porti e gli aeroporti europei, la Cina potrebbe comunque utilizzare i dati di questi hub commerciali contro i Paesi europei.

"Sia un porto marittimo che un aeroporto fanno parte di un'infrastruttura digitale. Quindi, qualunque container passi attraverso il terminal portuale lascerà molti dati. Con un accesso adeguato, è possibile sapere cosa c'è in quei container, chi ha spedito cosa, dove sta andando, qual è la catena logistica", afferma Tim Rühlig.

"Se i cinesi capiscono il funzionamento delle catene di approvvigionamento, potrebbero imporre sanzioni molto mirate, ad esempio su un bene di cui sanno che ci sono solo pochi produttori in Europa, che fanno affidamento tutti sulla stessa catena di approvvigionamento".

Anche per questo, la cessione di una quota di un terminal portuale di Amburgo alla Cosco, la compagnia di navigazione statale cinese, ha scatenato polemiche.

"Da solo, un tale investimento può sembrare un rischio limitato: cosa puoi fare con i dati di un porto marittimo se ce ne sono tanti altri?. Ma si arriva presto a un punto in cui hai la mole di dati a disposizione diventa il vero rischio", conclude Rühlig.

Nessuna reciprocità

Cosa sta facendo l'Unione Europea al riguardo?

Esiste già un meccanismo per controllare gli investimenti esteri nell'Unione, che consente ai Paesi di esprimere preoccupazioni su tali investimenti in altri Stati membri. Ma alla fine, lo Stato che riceve l'investimento può respingere queste preoccupazioni e consentire che l'operazione vada in porto, dato che la sicurezza nazionale è tema di competenza nazionale.

PUBBLICITÀ

Nel caso di Amburgo, ad esempio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha sostenuto la vendita, anche se di una quota inferiore a quella prevista, nonostante le preoccupazioni degli altri Stati membri e dei servizi di intelligence del paese.

"Il meccanismo potrebbe essere rafforzato per rendere più difficile per i Paesi prendere i soldi sapendo che un'operazione aumenta la vulnerabilità generale" afferma Ian Bond, visto anche che le infrastrutture critiche sono sempre più transnazionali e interconnesse.

La Cina è stata argomento di una discussione di tre ore tra i 27 capi di stato durante il loro ultimo incontro a Bruxelles il mese scorso, per determinare se l'attuale strategia di considerare Pechino un partner su alcune questioni e un rivale strategico su altre sia ancora l'approccio giusto.

Sembra guadagnare consenso l'idea che, esserci un crescente riconoscimento che, proprio come accaduto con la Russia, sarà importante preservare unità e solidarietà europee. Da qui scaturiscono le critiche al viaggio del cancelliere tedesco Olaf Scholz in Cina, accompagnato da una delegazione di uomini d'affari.

"Dà l'impressione che l'obiettivo sia davvero la cooperazione economica e non è il segnale di cui abbiamo bisogno", sostiene Rühlig. 

PUBBLICITÀ

Altri esperti sottolineano come la presenza cinese in terra europea sia impossibile da replicare a parti invertite.

"Stiamo lasciando che la Cina investa in infrastrutture critiche europee, ma la Cina non lascerebbe mai aziende europee fare lo stesso", sottolinea Agatha Kratz.

"È un segnale negativo che stiamo inviando alla Cina: siamo disposti ad accettare questo tipo di investimenti, anche se voi non lo fareste mai".

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Il viaggio di Michel in Cina, tra dubbi e speranze

In Armenia la crisi dei rifugiati rischia di provocare una crisi politica

Francia, cosa succede ai migranti che vengono trasferiti da Parigi