Il Consiglio dell'Ue citato in giudizio per il suo sì al piano di ripresa polacco

Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki.
Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki. Diritti d'autore Michal Dyjuk/Copyright 2022 The Associated Press. All rights reserved
Di Jorge Liboreiro
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Il Consiglio dell'Ue è stato citato in giudizio per aver approvato il piano di ripresa della Polonia da 35 miliardi di euro. A intentare la causa sono quattro associazioni di giudici secondo cui il sì al Pnrr di Varsavia non porta al ripristino dell'indipendenza della giustizia nel Paese.

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Il Consiglio dell'Unione europea, importante organo decisionale dell'UE composto dai ministri dei governi di ogni Stato membro dell'UE, è stato citato in giudizio per la sua approvazione al piano di ripresa e resilienza della Polonia da 35 miliardi di euro. 

A intentare l'azione legale sono state quattro associazioni che rappresentano i giudici in Europa: l'Associazione dei giudici amministrativi europei (AEAJ), l'Associazione europea dei giudici (EAJ), Rechters voor Rechters (Giudici per i giudici) e Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés (MEDEL), con il supporto del gruppo accademico The Good Lobby Profs.

Secondo queste, il sì del Consiglio al piano di Varsavia non riesce a ripristinare l'indipendenza della magistratura polacca e ignora le precedenti sentenze della Corte di giustizia dell'UE (CGUE). Inoltre, dal loro punto di vista, l'approvazione finanziaria mette a rischio l'intera Unione, visti i molteplici e complessi legami giuridici tra tutti i Paesi dell'UE.

"Questa decisione danneggia il sistema giudiziario europeo nel suo complesso e la posizione di ogni singolo giudice europeo", hanno scritto le associazioni in un comunicato stampa. "Tutti i giudici di ogni singolo Stato membro sono anche giudici europei e devono applicare il diritto dell'UE, in un sistema basato sulla fiducia reciproca", hanno continuato. 

La causa è stata intentata davanti alla CGUE di Lussemburgo che ha il diritto di rivedere, e potenzialmente annullare, gli atti legislativi di altre istituzioni dell'UE. 

Nello specifico, infatti, le quattro associazioni chiedono l'annullamento della decisione del Consiglio, presa a giugno sulla base di una raccomandazione della Commissione europea.

Intanto, la Polonia, che ha richiesto 23,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 11,5 miliardi di euro in prestiti a basso costo dal fondo di ripresa dell'UE da 750 miliardi di euro, istituito nel 2020 per far fronte alle conseguenze della pandemia di Coronavirus, non ha ancora ricevuto da Bruxelles alcuna risorsa. Prima che l'esborso avvenga, infatti, il governo polacco deve rispettare una serie di tappe concordate per conformarsi al diritto dell'UE.

Finora il governo polacco non ha risposto alle richieste di commento di Euronews. Nel caso del Consiglio dell'Unione Europea, invece, uno dei suoi portavoce si è rifiutato di commentare il procedimento giudiziario in corso.

Pietre miliari sotto esame

Il piano nazionale della Polonia è rimasto bloccato per più di un anno a causa delle annose preoccupazioni di Bruxelles sulla violazione dell'indipendenza della giustizia nel Paese. Una disputa che nel tempo si è inasprita e ha sollevato il timore di una "Polexit" legale.

Al centro della controversia c'era la Camera disciplinare della Corte Suprema che, nel 2019, ha avuto il potere di punire i magistrati per il contenuto delle loro sentenze, per porre domande alla CGUE e per verificare l'indipendenza e l'imparzialità degli altri tribunali.

Le potenziali sanzioni inflitte includevano multe, tagli agli stipendi, sospensione e revoca dell'immunità.

La Camera disciplinare è stata subito condannata da partiti di opposizione, associazioni di magistrati, Commissione europea e Nazioni Unite, che vedevano nella riforma una minaccia alla separazione dei poteri nel Paese. 

Varsavia ha reagito alle critiche sostenendo che il disegno di legge fosse necessario per eliminare i rimasugli del regime comunista, combattere la corruzione e migliorare l'efficienza del sistema.

Ma la CGUE ha concluso che la Camera non era compatibile con il diritto dell'UE e ne ha chiesto lo smantellamento oltre che l'annullamento delle sospensioni dei giudici.

Quando, poi, l'invasione russa dell'Ucraina ha iniziato a mettere sotto pressione l'economia in tutto il continente, Varsavia ha ceduto e ha raggiunto un accordo con Bruxelles per annullare le riforme e poter così ricevere gradualmente i fondi.

In base all'accordo trovato, devono essere soddisfatte due tappe principali prima di effettuare qualsiasi pagamento:

  1. Riformare il regime disciplinare per i giudici e sostituire la Camera con un nuovo organo.
  2. Riesaminare i casi dei giudici interessati dalle sentenze della Camera disciplinare.

Rispetto alla prima richiesta, il governo polacco ha chiuso la camera disciplinare e istituito la sua sostituzione con la Camera della responsabilità professionale. Ma esperti legali e funzionari dell'UE hanno sollevato preoccupazioni in merito a tale organismo proposto e alle sue lacune.

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"Questa nuova legge non garantisce che i giudici possano mettere in discussione lo status di un altro giudice senza rischiare di essere soggetti a infrazioni disciplinari", ha affermato a luglio la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Anche la seconda richiesta, la revisione dei casi, si è rivelata controversa.

La CGUE aveva precedentemente chiesto l'annullamento della maggior parte delle decisioni adottate dalla Camera. Un appello, questo, ripreso dalla presidente von der Leyen che ha insistito sul fatto che il ripristino dei giudici illegalmente licenziati fosse una condizione fondamentale.

Ma l'accordo finale tra Bruxelles e Varsavia ha stemperato questa richiesta e l'ha trasformata in un semplice riesame dei casi, che può portare o meno all'eventuale reintegrazione dei giudici.

Inoltre, il completamento della revisione può richiedere fino a 12 mesi, il che significa che la Polonia riceverà probabilmente le prime due tranches delle risorse dal fondo di ripresa, e forse anche la terza, mentre i giudici rimarranno sotto gli effetti di una camera ritenuta incompatibile con il diritto dell'UE.

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Infine, la Commissione europea ha negoziato un'ulteriore pietra miliare per garantire che il riesame giudiziario venga condotto secondo gli standard giuridici dell'UE, ma il provvedimento non sarà attivato fino all'ultimo trimestre del 2023.

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