Newsletter Newsletters Events Eventi Podcasts Video Africanews
Loader
Seguiteci
Pubblicità

Uscita dai combustibili fossili al centro della COP30: accadrà davvero?

La raffineria petrolifera HF Sinclair di El Dorado si staglia contro il cielo al tramonto il 21 marzo 2025 a El Dorado, Kansas.
La raffineria di petrolio HF Sinclair El Dorado si staglia contro il cielo al tramonto, il 21 marzo 2025, a El Dorado, in Kansas. Diritti d'autore  Copyright 2025 The Associated Press. All rights reserved
Diritti d'autore Copyright 2025 The Associated Press. All rights reserved
Di Liam Gilliver
Pubblicato il
Condividi Commenti
Condividi Close Button

COP30: stabilire una tempistica per l'abbandono dei combustibili fossili è la sfida più complessa all'ordine del giorno.

La transizione dai combustibili fossili è il tema più controverso della COP30. Le negoziazioni, sempre più accese, sono agli ultimi scampoli.

Nonostante gli investimenti crescenti nel settore dell’energia pulita, gli esperti avvertono che il progresso verso un futuro libero dai fossili non procede abbastanza velocemente. Le emissioni globali continuano a salire.

Elaborare una tabella di marcia che gestisca la transizione in modo equo, affrontando l’accesso all’energia e la dipendenza economica, si sta rivelando complesso. La COP30 riuscirà finalmente a definire una tabella di marcia?

Stop ai combustibili fossili - la timeline

Alla COP28 a Dubai, quasi 200 Paesi hanno concordato di allontanarsi dai combustibili fossili nei sistemi energetici in modo “giusto, ordinato ed equo” per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, senza però essere obbligati a misure specifiche.

È stato il primo testo della COP a citare un allontanamento globale dall’uso dei combustibili fossili, ma i progressi si sono bloccati alla COP29 in Azerbaigian, quando le parti non sono riuscite ad accordarsi sull’inserimento di riferimenti chiari su come attuarlo.

La decisione ha suscitato l’ira degli ambientalisti, secondo cui i Paesi dipendenti dai fossili stavano facendo marcia indietro rispetto alle discussioni precedenti.

Così, definire una tabella di marcia per l’energia pulita è diventato uno dei temi più divisivi della COP30, e il tempo per un accordo finale a Belem sta rapidamente scadendo.

COP30 può davvero varare una tabella di marcia per l’uscita dai combustibili fossili?

Ieri (19 novembre), il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha riportato la tabella di marcia per la transizione dai combustibili fossili al centro dei negoziati sul clima.

“Dobbiamo mostrare alla società che lo vogliamo senza imporre nulla a nessuno, senza fissare scadenze, lasciando che ogni Paese decida cosa può fare nei propri tempi e in base alle proprie possibilità”, ha detto.

Silva ha proseguito sostenendo che il mondo deve ridurre le emissioni di gas serra, aggiungendo: “Dobbiamo iniziare a pensare a come vivere senza combustibili fossili”.

Sebbene l’uscita dai combustibili fossili non fosse inizialmente all’ordine del giorno ufficiale della COP30, la spinta politica sul tema è cresciuta con l’avanzare del vertice.

Il 18 novembre, ministri di oltre 20 Paesi hanno tenuto una conferenza stampa, guidata dalla Danimarca, per chiedere che l’accordo finale del vertice includa l’impegno a elaborare una tabella di marcia per la transizione dai combustibili fossili.

Finora la coalizione comprende oltre 80 Paesi, tra cui nazioni industrializzate come Regno Unito, Germania e i Paesi Bassi, e Paesi in via di sviluppo come Colombia, Kenya e vulnerabili Stati insulari del Pacifico.

Qual è la posizione dell’Europa?

Tra i sostenitori della tabella di marcia figurano molti Paesi europei, tra cui Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia.

In una conferenza stampa mercoledì, il commissario europeo al Clima Wopke Hoekstra ha invitato le parti a rafforzare l’ambizione, avvertendo che stiamo “arrivando pericolosamente vicini a punti di non ritorno distruttivi”.

“Ci piace molto”, ha detto della proposta di tabella di marcia, “che la si chiami tabella di marcia o si usi un’altra formulazione è secondario”.

Pur non avendo ancora sostenuto ufficialmente la tabella di marcia, l’UE ha presentato una proposta che chiede di lanciare alla COP30 una più ampia tabella di marcia energetica, che includa l’uscita dai combustibili fossili.

La proposta chiede alle presidenze della COP, attuale e in arrivo, di sviluppare “continuamente” la tabella di marcia e di fornire una relazione di sintesi annuale.

Inoltre “incoraggia tutte le parti ad accelerare l’attuazione degli sforzi globali” dell’esito della COP28, in coerenza con l’Accordo di Parigi.

Anche il Regno Unito è stato molto esplicito nel sostenere una tabella di marcia per la transizione lontano dai combustibili fossili. A Belem, martedì, Ed Miliband, ministro britannico per l’Energia e il Cambiamento climatico, ha affermato che la questione non può essere “messa sotto il tappeto”.

“Abbiamo l’opportunità di fare della COP30 il momento in cui portiamo avanti quanto abbiamo concordato alla COP28”, ha aggiunto.

“Le azioni che stiamo intraprendendo nel Regno Unito per non rilasciare nuove licenze per petrolio e gas riguardano il clima, la sicurezza energetica e i costi. L’opzione più sicura per noi sono le rinnovabili, pulite e a basso costo”.

Molti Paesi del Sud America, tra cui Cile, Colombia, Perù e Brasile, hanno sostenuto la tabella di marcia, così come nazioni in Oceania e nei Caraibi.

Quali Paesi sono pronti a contestare?

È probabile che altri sostenitori si aggiungano all’appello per una tabella di marcia, ma è evidente che non tutti i Paesi saranno d’accordo. Alla conferenza sul clima dell’ONU gli accordi si raggiungono per consenso, e l’accordo tra quasi 200 parti è vitale.

Gli Stati Uniti, il maggior contributore storico alle emissioni di gas serra globali, sono assenti dalla COP30, mentre il Canada, che continua ad approvare l’espansione dei combustibili fossili, non ha ancora mostrato sostegno.

Un grande vuoto di sostegno aleggia sul Medio Oriente, dove si teme la contestazione da parte di Paesi ricchi di combustibili fossili come l’Arabia Saudita. Al momento manca supporto anche dall’Asia, mentre il Giappone punta a sostituire la produzione elettrica da fossili con alternative decarbonizzate basate su idrogeno e ammoniaca.

“Tanto varrebbe mescolare dollari con il carbone e bruciarli, chiamandolo biocarburante”, afferma l’analista energetico Paul Martin.

Un imperativo di salute pubblica

La richiesta di porre fine ai combustibili fossili non arriva solo dagli ambientalisti, ed è stata definita “un imperativo di salute pubblica” da medici, infermieri e studenti di medicina e salute che rappresentano milioni di lavoratori in tutto il mondo.

In una conferenza stampa alla COP30, gli esperti hanno sostenuto che la transizione dai combustibili fossili è l’intervento di salute pubblica più rapido per salvare vite da un’ampia gamma di malattie legate all’inquinamento.

I leader sanitari hanno messo in evidenza un nuovo rapporto intitolato Cradle To Grave della Global Climate and Health Alliance, secondo cui le donne in gravidanza esposte all’inquinamento da combustibili fossili sono più a rischio di parto pretermine, basso peso alla nascita e anomalie congenite, mentre i bambini hanno maggiori probabilità di soffrire di malattie come asma e infezioni respiratorie.

“Ogni anno di ritardo significa più attacchi d’asma, più emergenze cardiovascolari, più tumori e più morti premature, tutte prevenibili”, avverte il dottor Joe Vipod, ex presidente della Canadian Association of Physicians for the Environment (CAPE).

“La transizione dai combustibili fossili non è solo una buona politica climatica: è una politica sanitaria che salva vite. Ogni ritardo significa più malattie prevenibili e più morti evitabili”.

Vai alle scorciatoie di accessibilità
Condividi Commenti

Notizie correlate

Danimarca in testa alla classifica dei Paesi più ambiziosi sul clima: obiettivo -85% emissioni

Nuovo studio: un'ondata di calore come quella del 2003 oggi ucciderebbe quasi 18.000 europei

Nucleare in Europa: la Cechia investe miliardi in reattori per uscire dal carbone