San Pietroburgo: "Una stanza e mezzo", è la casa museo di Josif Brodskji

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Inaugurata dopo lustri di battaglie e burocrazia, la casa museo dedicata al poeta russo premio Nobel, saggista e drammaturgo. E' l'appartamento sulla prospettiva Litejnij dove visse prima di lasciare l'URSS

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Un mini-museo, 40 metri quadri, tanto misurava l’appartamento di San Pietroburgo dove visse da giovane il poeta russo premio Nobel Josif Brodskji. Una perla che dopo decenni di battaglie e burocrazia è stato possibile inaugurare in memoria del letterato perseguitato dal regime comunista, emigrato nel '72 poi naturalizzato cittadino statunitense.

Si chiama "la stanza e mezzo", il museo, titolo di un saggio pubblicato in inglese dallo scrittore. Nei due vani vari oggetti ritrovati durante il restauro dell'appartamento restato vuoto per anni, un'esposizione temporanea e foto.

L'appartamento si trova nello storico palazzo Muruzi sulla prospettiva Litejnij .L'edificio dopo la rivoluzione del 1917 fu diviso in piccoli spazi e dato a diverse famiglie, tra cui il padre del letterato che vi visse, stretto, con la sua famiglia. Brodskji raccontò che in fondo fu anche fortunato perché il regime sovietico contava 9 metri quadrati a persona e loro, in tre, ne avevano 40. 

Oggi l'appartamento è uno spazio vuoto, come spiega il direttore del museo Maxim Levchenko: "Abbiamo cercato di non inventare nulla e di non ricreare un interno come ai tempi di Brodskji. Abbiamo salvato lo spazio reale, lasciato tutto com'era. Abbiamo lasciato il vuoto. E per mostrare com'era stiamo usando i proiettori. Le installazioni si basano su foto scattate subito dopo l’emigrazione di Brodskji". 

Brodskji, storia di un dissidente che non tornò mai in patria

Brodskji, uno dei maggiori scrittori russi del 900, ha ricevuto il Nobel nel 1987, a soli 47 anni, è morto nel 1996, appena 55enne. E' sepolto a Venezia nell'isola di San Michele, questo è il primo museo dedicatogli nel Paese natale, dove non è mai voluto rientrare.

Ai tempi dell'URSS, Brodskji fu perseguitato dal regime fin dagli esordi della sua carriera, subì interrogatori, l'accusa di parassitismo, i lavori forzati il carcere e l'esilio. Più volte venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico, esperienza che raccontò come tra le peggiori della sua vita.

Negli anni 60 la sua storia mobilitò attivisti ed intellettuali europei contro la violazione dei diritti umani in Russia. 

Fu nel 1972 che Brodskji lasciò il Paese natale per approdare, infine, negli Stati Uniti dove 5 anni dopo venne naturalizzato. Morì improvvisamente d'infarto logorato anche dall'alcol e dalle sigarette. Negli ultimi anni di vita, era il tempo della perestroika, venne invitato a tornare in patria ma rifiutò.

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