Le Ong denunciano un numero record di condanne a morte nel 2025 e accuse di violazioni dei diritti umani nei processi
Il ministero degli Interni dell’Arabia Saudita ha annunciato domenica 9 novembre l’esecuzione di due cittadini sauditi con l’accusa di aver pianificato e partecipato ad attività terroristiche.
Secondo la dichiarazione ufficiale diffusa dalla Saudi press agency (Spa), gli uomini — identificati come Fahd bin Ali bin Abdulaziz al-Washeel e Abdulrahman bin Ibrahim bin Mohammed al-Mansour — avrebbero preso parte alla preparazione di attentati contro luoghi di culto, sedi delle forze di sicurezza e personale militare.
Il ministero ha affermato che i due avrebbero inoltre fabbricato esplosivi, detenuto armi illegalmente e aderito a un’organizzazione terroristica con base all’estero. Le indagini, avviate dopo controlli di sicurezza, avrebbero portato al loro arresto, incriminazione e successivo processo davanti a un tribunale competente.
La sentenza, confermata in tutti i gradi di giudizio, è diventata definitiva dopo il passaggio alla Corte Suprema e l’approvazione del decreto reale per l’esecuzione, avvenuta nella regione di Qassim.
Cresce la pressione internazionale sul Regno: numeri record di esecuzioni
L’annuncio arriva in un contesto di crescenti critiche contro l’Arabia Saudita da parte di organizzazioni internazionali per i diritti umani.
Nel suo rapporto del 12 agosto 2025, Human Rights Watch ha denunciato quella che definisce una “escalation senza precedenti” nell’uso della pena capitale nel Paese. Secondo l’organizzazione, molte procedure giudiziarie non garantirebbero trasparenza né le garanzie di un equo processo previste dal diritto internazionale.
Anche l’organizzazione Reprieve, che monitora la pena di morte nel mondo, ha riportato numeri allarmanti: dal 1 gennaio al 5 agosto 2025 sarebbero state eseguite 241 condanne a morte. Se la tendenza dovesse proseguire con lo stesso ritmo, il totale supererebbe ogni precedente record annuale del Regno.
Human Rights Watch e il Centre for Middle East Democracy accusano il sistema giudiziario saudita di gravi violazioni, tra cui detenzioni prolungate senza processo, limitazioni nell’accesso a una difesa legale e l’uso di confessioni ottenute in condizioni contestate. Le organizzazioni sostengono che tali pratiche rendano difficile conciliare il modello giudiziario saudita con gli standard internazionali relativi allo stato di diritto.
Il governo saudita, dal canto suo, continua a sostenere che l’applicazione delle sentenze avvenga nel rispetto delle leggi nazionali e con l’obiettivo di tutelare la sicurezza del Paese.