Dai microsonni dei pinguini al riposo in volo degli uccelli e alle immersioni notturne delle foche: come gli animali dormono anche nelle condizioni più estreme
Dormire è una necessità universale. Tutti gli animali dotati di cervello ne hanno bisogno e, sorprendentemente, anche alcune creature che ne sono prive, come le meduse, mostrano stati simili al sonno. Umani, uccelli, balene: nessuno è escluso.
"Il sonno è universale, anche se comporta enormi rischi", spiega Paul-Antoine Libourel, ricercatore del Centro di Ricerca di Neuroscienze di Lione. Quando un animale dorme diventa vulnerabile ai predatori, eppure il bisogno di riposo è così profondo che l’evoluzione non ha trovato alternative: nessuna specie può farne completamente a meno.
Per chi vive in ambienti estremi o ostili, dormire diventa una sfida. Ed è proprio qui che la natura mostra la sua straordinaria capacità di adattamento. Alcuni animali rubano pochi secondi di sonno alla volta mentre accudiscono i piccoli senza sosta, altri dormono con mezzo cervello mentre volano o nuotano. È la frontiera della cosiddetta “scienza del sonno estremo”.
I microsonni dei pinguini sottogola
Un esempio emblematico arriva dall’Antartide. I pinguini sottogola, che formano coppie monogame e si alternano nella cura delle uova e dei pulcini, devono restare vigili 24 ore su 24 per settimane. Dormire troppo a lungo significherebbe perdere di vista i piccoli o esporsi ai predatori.
La soluzione? Migliaia di micro-pisolini quotidiani, lunghi in media appena quattro secondi. Lo ha scoperto il team di Libourel studiando 14 pinguini sull’Isola King George, monitorandone l’attività cerebrale per 11 giorni.
Ogni breve assopimento termina non appena un vicino si avvicina o un uccello marino predatore passa sopra la colonia. Poi il pinguino torna a sonnecchiare, con il mento che ricade sul petto, come un automobilista esausto. Sommando tutti questi frammenti, ogni individuo riesce comunque a dormire circa 11 ore al giorno.
È un esempio straordinario di sonno altamente frammentato, che permette ai pinguini di restare funzionali durante la stagione riproduttiva.
Dormire in volo con mezzo cervello
Per secoli poeti e marinai si sono chiesti se gli uccelli capaci di volare per settimane riuscissero davvero a dormire in aria. Oggi la risposta è sì, almeno per alcune specie.
Le fregate maggiori, grandi uccelli marini che nidificano alle Galápagos, possono dormire in volo con un solo emisfero cerebrale alla volta. L’altra metà resta vigile, consentendo a un occhio di controllare rotta e ostacoli.
Questo adattamento è vitale: le fregate non possono posarsi sull’acqua perché le loro piume non sono impermeabili. Grazie al sonno “unilaterale”, riescono a planare per settimane sfruttando le correnti ascensionali, dormendo mentre risalgono lentamente nell’aria calda.
Quando tornano al nido, però, dormono in modo più tradizionale, con entrambi gli emisferi e per periodi più lunghi. Un segnale chiaro che il sonno in volo è un adattamento specifico alle esigenze del viaggio prolungato.
Le foche elefante e il sonno negli abissi
Anche in mare dormire può essere estremamente pericoloso. Le foche elefante settentrionali, che possono superare i 2.000 chilogrammi di peso, sono prede ambite di squali e orche.
Per nutrirsi, trascorrono fino a otto mesi in mare aperto, immergendosi ripetutamente a centinaia di metri di profondità. Proprio durante queste immersioni profonde riescono a dormire.
Uno studio guidato da Jessica Kendall-Bar della Scripps Institution of Oceanography ha mostrato che le foche dormono per circa un terzo del tempo di ogni immersione, soprattutto nelle zone più profonde, al di sotto delle aree frequentate dai predatori.
Durante il sonno Rem, quando il corpo è temporaneamente paralizzato, le foche perdono il controllo dell’assetto e iniziano a ruotare lentamente su se stesse: un movimento che i ricercatori hanno chiamato “spirale del sonno”.
In mare, il loro riposo totale è di appena due ore al giorno. Sulla spiaggia, invece, possono dormire anche dieci ore, dimostrando quanto il contesto ambientale influenzi la quantità e la qualità del sonno.
Un sonno plasmato dall’evoluzione
Gli scienziati stanno ancora cercando di capire perché dormiamo e quante ore siano davvero necessarie. È improbabile che gli esseri umani possano replicare questi estremi adattamenti, ma studiarli offre una lezione fondamentale.
Il sonno non è un comportamento rigido: è una funzione biologica flessibile, modellata dall’evoluzione per permettere la sopravvivenza anche nelle condizioni più difficili. La natura, ancora una volta, dimostra che persino chiudere gli occhi può diventare un’arte di adattamento.