Gli scontri tra milizie cominciati lunedì nella capitale libica sono culminati in una notte di violenze. Diverse le milizie coinvolte pro e contro il Governo di unità nazionale guidato da Abdulhamid Dbeibeh. La Farnesina sta seguendo la partenza dei nostri connazionali dalla Libia
In Libia si osserva con cautela la tregua tra milizie rivali a Tripoli, dopo gli scontri che mercoledì hanno causato almeno 6 morti e diverse decine di feriti.
In serata le forze di sicurezza sotto l'autorità del governo di unità nazionale (Gun) hanno aperto il fuoco contro centinaia di dimostranti, riunite nella capitale libica sotto la residenza del primo ministro, Abdulhamid Dbeibeh, per chiederne le dimissioni
Gli scontri in città sono scoppiati lunedì, dopo la morte di Abdelghani al-Kikli, capo dell'Apparato di Sostegno alla Stabilità, ucciso da un'altra milizia alleata con il Gun, la 444esima brigata.
Il comandante della Brigata, Mahmoud Hamza, ha accusato a sua volta delle violenze in cui si temono decine di morti la Forza di deterrenza, il principale gruppo paramilitare non affiliato al governo di Tripoli, noto anche come Rada.
Il presidente della Camera dei rappresentanti libica, Aguila Saleh, ha accusato il Gun di volere rimanere aggrappato al potere, nonostante il suo mandato sia scaduto, e di essere il vero responsabile della mancata riconciliazione libica tra le milizie del post-Gheddafi.
Dbeibeh viene anche accusato di avere sguinzagliato in queste ore le proprie forze contro le altre milizie, per rompere l'attuale equilibrio di potere, e di avere chiesto aiuto alle autorità della vicina Misurata.
Nel frattempo, il Consiglio presidenziale della Libia ha deciso d'urgenza un cessate i fuoco in tutto il Paese, ordinando a tutte le milizie di rientrare nelle proprie caserme e congelando le ultime decisioni del governo in materia di sicurezza, che non sono state condivise da tutti i gruppi armati.
Tra queste, c'è la ristrutturazione della Polizia giudiziaria, guidata da Osama Najim al-Masri, il generale libico ricercato dalla Corte Penale Internazionale, arrestato a gennaio in Italia ma subito rilasciato.
Italiani lasciano la Libia, le altre reazioni in Europa
Almeno 80-90 cittadini italiani sono presenti nel Paese e in attesa di evacuazione.
"Credo che entro stasera tutti coloro che intendono rientrare in Italia lo faranno. La partenza è prevista dall'aeroporto di Misurata perché quello di Tripoli è ancora chiuso. Stiamo lavorando per garantire la massima sicurezza e incolumità dei nostri concittadini", ha commentato Antonio Tajani, mercoledì, a margine della riunione dei ministri degli Esteri della Nato ad Antalya, in Turchia.
La situazione "sembra in lento ma continuo miglioramento", ha aggiunto Tajani dopo avere discusso anche di questa crisi con l'omologo turco, Hakan Fidan.
Le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti in Libia hanno espresso in una dichiarazione congiunta la loro "profonda preoccupazione" per l'escalation di violenza di questi giorni.
I cinque Paesi chiedono alle autorità locali di adottare con urgenza tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile e garantire il ritorno immediato alla calma.
Inviti analoghi sono arrivati nelle stesse ore dall'Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti, dove è arrivato in visita il presidenti degli Stati Uniti, Donald Trump.
Da parte sua il ministero degli Esteri di Madrid è in contatto con almeno 45 spagnoli rimasti bloccati dagli scontri in Libia.