"Libere ma non eque", l'ossimoro delle elezioni turche

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Di Nicolò ArpinatiAlberto de Filippis
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Osservatori internazioni dell'OSCE e dell'APCE hanno definito "libere ma non eque" le elezioni presidenziali turche che hanno portato alla rielezione di Erdoğan

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“Libere ma non eque”, così afferma la missione di osservatori internazionali dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) riguardo le recenti elezioni presidenziali in Turchia, che hanno portato alla rielezione di Recep Tayyp Erdoğan.

Tra i fattori considerati, Farah Karimi, Coordinatore speciale dell'OSCE ha sottolineato la maggiore presenza mediatica di Erdoğan rispetto al suo avversario Kılıçdaroğlu: "Come nel primo turno, una copertura mediatica distorta e la mancanza di condizioni di parità hanno dato un vantaggio ingiustificato al candidato in carica".I due organismi hanno anche criticato i discorsi anti-minoranza pronunciati da entrambi i candidati.

Secondo gli osservatori dell’Osce già durante il primo turno la commissione elettorale, incaricata di dirigere le operazioni di voto, aveva dato prova di mancanza di trasparenza nella sua condotta: l’Organizzazione aveva, infatti, riscontrato una copertura “parziale” delle elezioni da parte dei media locali, oltre che alcune “restrizioni alla libertà di espressione”.

Secondo la delegazione Osce, il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, e il suo partito Giustizia e sviluppo, insieme agli altri partiti di governo, godono di “privilegi ingiustificati” rispetto alle forze politiche di opposizione, in contrasto con la necessità di garantire pari opportunità a tutti i candidati.

Accuse più esplicite di brogli sono, invece, arrivate dal Partito democratico dei popoli, il partito filo-curdo a rischio illegalità, che sostiene di avere le prove riguardo almeno 21 sezioni: “Noi non siamo potuti andare negli uffici del governo a portare i verbali, abbiamo dovuto consegnarli nelle sezioni”.

Basta odio

Il capo delegazione dell'APCE, Frank Schwabe, ha preferito concentrarsi sui temi e i toni della campagna elettorale: "Vorrei davvero esortare, come anche Farah, ad astenersi, dopo la campagna elettorale, da discorsi violenti, discorsi di odio contro le minoranze”.

Schwabe ha bacchettato sia il presidente rieletto sia il suo sfidante Kemal Kılıçdaroğlu: il primo per gli attacchi al mondo LGBTIQ, particolarmente forti durante il suo discorso della vittoria, il secondo per quelli ai rifugiati. Infatti, in vista del secondo turno, Kılıçdaroğlu aveva più volte puntato il dito contro le politiche migratorie sostenute da Erdoğan, forse per convincere gli elettori di Sinan Ogan, il politico nazionalista che ha posizioni molto rigide su immigrazione e accoglienza, arrivato terzo al primo turno.

In questo terzo mandato alla guida del Paese, e dopo le elezioni più combattute da quando è al potere, Erdoğan ha la spinosa missione di affrontare un'economia con un'inflazione dilagante e di gestire la ricostruzione e la ripresa delle aree colpite dai terremoti di febbraio.

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