Aziende straniere in fuga dalla Russia: ma ormai è tardi. Il sogno di Putin di "nazionalizzare"

Il marchio parzialmente cancellato dell'Ikea a San Pietroburgo. (Foto del 27.10.2022). L'azienda svedese ha da tempo sospeso le sue attività in Russia.
Il marchio parzialmente cancellato dell'Ikea a San Pietroburgo. (Foto del 27.10.2022). L'azienda svedese ha da tempo sospeso le sue attività in Russia. Diritti d'autore Dmitri Lovetsky/AP
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Di Alexandra Leistner - Euronews Deutschland - Edizione italiana: Cristiano Tassinari
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Molte società straniere continuano a fare affari in Russia, nonostante le sanzioni imposte un anno fa, a causa della guerra. E chi decide solo ora di lasciare la Russia, deve affrontare una procedura lunga e difficile, con il decreto-Putin che punta a "nazionalizzare" le aziende occidentali

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Quando il primo McDonald's aprì i battenti in Russia, nel gennaio 1990, "la corsa all'hamburger" fu sensazionale.

Ma quello che era considerato il vento del cambiamento dopo la Guerra Fredda, si è ora trasformato in una tempesta che, per molti, prende una rotta su tutte le altre: fuori dalla Russia.

Il sogno di Putin: "nazionalizzare le imprese dei Paesi che hanno deciso le sanzioni"

Perché il governo russo, quindi il presidente Vladimir Putin, ha iniziato a portare sotto il suo controllo le società straniere.
Secondo l'agenzia di stampa statale Tass, l'agenzia immobiliare statale Rosimushchestvo ha annunciato che gestirà le società immobiliari straniere in base alla loro importanza per l'economia russa.

Nel caso dell'importatore di gas naturale nazionalizzato tedesco Uniper, con la sua controllata russa Unipro, e l'utility finlandese Fortum Oyj, ciò non significa immediatamente esproprio, ma le decisioni di gestione saranno ora prese da Rosimushchestvo.
E da Putin. Il cui sogno - dicono i ben informati - sia quello di "nazionalizzare" le aziende dei Paesi occidentali che hanno imposto le sanzioni alla Russia. 

Sergei Savostyanov/Sputnik
Putin si aggira soddisfatto per il Cremlino. (Mosca, 8.5.2023)Sergei Savostyanov/Sputnik

Un tardivo fuggi fuggi

Alcune aziende che inizialmente volevano rimanere in Russia anche dopo le sanzioni -  adducendo vari motivi per farlo - stanno ora decidendo di cambiare possibilmente aria. Ma non è più così facile per le aziende straniere lasciare la Russia.

Per prima cosa, c'è una questione finanziaria: secondo una nuova legge voluta fortissimamente da Putin, le società occidentali devono vendere le loro quote di attività russe con uno sconto del 50% e pagare anche il 10% di una "tassa di uscita volontaria" al bilancio russo.

Con questi soldi, secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, la Russia vuole costituire un fondo di compensazione, in risposta "all'esproprio illegale di beni russi all'estero".

Ma il primo ostacolo è la vendita stessa, dice a Euronews Alexandra Prokopenko, ex dipendente della Banca Centrale russa e consulente del Consiglio tedesco per le relazioni estere.

Perché trovare un acquirente non è così facile. Nessun business può essere sicuro in un Paese con 6.000 persone e aziende nei vari elenchi di sanzioni occidentali.
Inoltre, lo Stato russo deve accettare ufficialmente la vendita, e in alcuni casi lo stesso Putin deve dare il suo beneplacito personale, e questo può richiedere del tempo.

"Se hai un buon partner da qualche parte in Russia, puoi essere fortunato e ritirare i tuoi beni e, persino, riavere indietro i tuoi soldi", dice Alexandra Prokopenko, alludendo ai legami delle società con gli ambienti governativi.

È quello che è successo nel caso della Shell, che ha ottenuto più di un miliardo di euro per la sua quota nel progetto nazionalizzato di gas naturale liquefatto Sakhalin-2.

Altre aziende, tra cui la casa automobilistica francese Renault (già nella primavera 2022), hanno lasciato la Russia per... limitare i danni.
"Un rublo simbolico" sarebbe quanto l'azienda francese avrebbe pagato, secondo Denis Manturov, allora ministro dell'Economia della Federazione Russa, in cambio per un'opzione di riacquisto valida sei anni. Ammesso che tra sei anni la guerra sia finita...

Perché le aziende si ritirano adesso?

Chi ha trovato argomenti sufficienti per giustificare la propria attività in Russia all'inizio della guerra si trova di fronte a una situazione sempre più incerta. Inoltre, le aziende occidentali temono sempre più di "essere etichettate come promotrici della guerra di Putin", spiega Alexandra Prokopenko.

Ritiene che anche la decisione del Tribunale amministrativo federale di Lipsia, che a marzo ha archiviato la causa della compagnia petrolifera russa Rosneft contro l'amministrazione fiduciaria di due filiali tedesche (di fatto Berlino ha nazionalizzato Rosneft), abbia avuto un ruolo nell'adozione del nuovo decreto di Putin.

Da parte sua, l'Agenzia Federale tedesca per le Reti ha posto le controllate tedesche di Rosneft, RDG GmbH e RNRM GmbH, sotto amministrazione fiduciaria dal settembre 2022, per garantire il mantenimento delle operazioni commerciali e, quindi, la sicurezza dell'approvvigionamento di petrolio e gas in Germania.

Questo perché le compagnie assicurative, le società informatiche e le banche non erano più disposte a lavorare con le due raffinerie russe di Rosneft in Germania, svela sotto voce una "gola profonda" anonima del governo tedesco.

"Questa decisione è stata vista in Russia come una rapina alla luce del giorno", aggiunge Alexandra Prokopenko. Una decisione che sarebbe stata il perfetto “pretesto” per il decreto di Putin.

Fare affari in Russia mentre droni e missili russi uccidono persone in Ucraina è un atteggiamento molto sgradito all'opinione pubblica e e sempre più impopolare anche tra gli investitori, continua Alexandra Prokopenko.

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Il più grande produttore tedesco di petrolio e gas, Wintershall Dea, una filiale di BASF, ha fatto un annuncio a sorpresa, a gennaio: avrebbe lasciato la Russia, ma non per motivi morali. 
"La Russia non è un partner economico affidabile", ha spiegato la società, in una risposta a Euronews inviata il 2 maggio 2023, aggiungendo che la Russia era diventata "imprevedibile sotto ogni aspetto".

Quindi: più che la moralità, potè il business. Ma, in ogni caso: via dalla Russia!

Tra le multinazionali, anche Ikea ha abbandonato - dall'estate 2022 - la Russia, sospendendo a tempo indeterminato tutte le attività nei propri negozi russi.

La rapidità con cui il ritiro completo delle aziende tedesche, ad esempio. potrebbe essere completato dipenderà anche da quando otteranno il benestare ufficiale e definitivo da parte di Russia e Germania.

Cosa vuole ottenere il Cremlino con il "fondo di compensazione"?

Alexandra Prokopenko ritiene che l'obiettivo principale del Cremlino con il nuovo decreto sia quello di convincere le società straniere ad aumentare la pressione sui loro governi occidentali, affinché abbandonino le sanzioni o migliorino "l'ambiente" per le società russe in Occidente.

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"Il problema è che né la Russia né l'Occidente hanno una strategia globale per i beni bloccati", spiega Alexandra Prokopenko.
E l'Occidente deve prepararsi alla possibilità che anche gli investimenti finanziari privati ​​in Russia possano essere confiscati, in una fase successiva. Finora sono stati sicuri, ma se non si troverà una soluzione alla attuale situazione di tensioni internazionali, tutto potrebbe cambiare.

Il nuovo McDonald's russo senza le patatine fritte...

Con il nuovo proprietario, McDonald's in Russia ora si chiama "Vkusno & Totschka" (traducibile in italiano come "Buono e Basta"). 
La qualità, raccontano i clienti che ci sono stati, è molto calata, perché anche per fare hamburger e patatine il "know how" non si acquisisce da un giorno all'altro.
Tra l'altro, le patatine fritte nemmeno ci sono, nel menù russo: non sono più disponibili a causa della carenza di patate in tutta la Russia...

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