Ciao, non hello! Il governo italiano vuole vietare le parole inglesi con multe fino a 100mila euro

Italy's Prime Minister Giorgia Meloni speaks to media after a EU Summit, at the EU headquarters in Brussels, on March 24, 2023.
Italy's Prime Minister Giorgia Meloni speaks to media after a EU Summit, at the EU headquarters in Brussels, on March 24, 2023. Diritti d'autore AFP
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Di Giulia Carbonaro
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Il partito di Giorgia Meloni ha dichiarato che questa politica è necessaria per proteggere la lingua italiana e l'identità nazionale dalla crescente "anglomania" nel Paese

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Il governo di destra guidato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha presentato una nuova proposta di legge che punisce l'uso dell'inglese e di altre parole straniere nelle comunicazioni ufficiali, con multe tra i 5.000 e i 100.000 euro.

L'obiettivo della legge, che ha ricevuto ampie critiche nel Paese anche da parte dei più rinomati studiosi di linguistica e filologia italiana, la prestigiosa Accademia della Crusca, è "difendere e promuovere la lingua italiana" e proteggere l'identità nazionale, secondo quando dichiarato dal partito di Meloni.

La nuova proposta, sostenuta dalla premier, è stata presentata da Fabio Rampelli, membro della Camera dei deputati. 

Con un tweet pubblicato sul suo profilo Twitter, il deputato ha fatto un esempio della cosiddetta "anglomania", che porterà politici e burocrati italiani a essere multati se la legge verrà approvata.

"Nella Camera dei deputati si parla italiano - scrive Rampelli - continuiamo la nostra battaglia per l'uso della nostra lingua al posto dell'inglese: non riusciamo a capire perché si debba chiamare 'dispenser' l'erogatore di igienizzante".

Invece di usare la parola "dispenser" in inglese, il governo Meloni vorrebbe che i funzionari usassero l'espressione italiana, molto più lunga: "erogatore di liquido igienizzante per le mani".

La lingua italiana - come la maggior parte delle altre lingue europee - ha adottato molti termini inglesi negli ultimi anni, in parte perché si trattava di termini che indicavano cose "nuove", che non appartenevano alla tradizione italiana (computer, social media, smart working), in parte perché la lingua inglese spesso offre una versione più concisa e veloce di termini che in italiano richiederebbero un modo piuttosto ridondante per essere espressi.

In parte, ancora, perché per molti l'uso di una parola inglese, anche quando un termine italiano andrebbe bene - ad esempio, in Italia è comune riferirsi alle riunioni di lavoro come "briefing" o usare la parola "deadline" in ambito professionale - aggiunge un tocco di autorevolezza e internazionalità.

Secondo gli ultimi dati, la Treccani, l'autorevole enciclopedia in lingua italiana, contiene attualmente 9.000 parole inglesi e 800.000 parole italiane. 

Dal 2000, il numero di parole inglesi che si sono inserite nella lingua italiana è cresciuto del 773%.

L'adozione di parole inglesi nella lingua italiana è oggetto di un dibattito infinito in Italia, dove le opinioni sono divise tra la tutela dell'integrità della lingua nazionale e l'accettazione del fatto che le lingue vive sono fluide e in continua evoluzione.

La nuova proposta di legge di Meloni prende una posizione forte in questo dibattito, spingendo per un approccio conservatore che intende praticamente bandire le parole inglesi dalla pubblica amministrazione, dalle scuole e dalle università. 

Secondo la nuova legge, "qualsiasi corso universitario che non sia specificamente finalizzato all'insegnamento di una lingua straniera deve essere tenuto in italiano". 

I corsi in lingua straniera saranno giustificati solo se rivolti a studenti stranieri.

Chiunque ricopra un incarico nella pubblica amministrazione deve avere "conoscenza e padronanza scritta e orale della lingua italiana".

Secondo la proposta di legge, l'uso di parole inglesi "avvilisce e mortifica" la lingua italiana ed è ancora peggio ora che il Regno Unito non fa più parte dell'Unione europea. 

La proposta di legge deve ancora essere discussa in Parlamento.

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