Dopo che la vicepresidente americana Kamala Harris ha confermato i crimini di guerra commessi dalle truppe russe in Ucraina, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese; Wang Yi, lancia un messaggio: "La guerra in Ucraina deve finire". Presto un'iniziativa cinese di pace
Anche alla Conferenza sulla Sicurezza (MSC) di Monaco di Baviera, in corso di svolgimento fino a domenica, l'Ucraina ha insistito sulla sua necessità di avere più munizioni e armi per continuare la guerra con la Russia.
Sia gli Stati Uniti (presente il Segretario di Stato Antony Blinken) che la Germania, del resto, sono sempre più convinti che questa sia la strada da percorrere, forse l'unica: il percorso diplomatico, ormai, sembra non avere più sbocchi.
Cina: "La guerra deve finire". Ma come?
Dopo che la vicepresidente americana Kamala Harris ha confermato i crimini di guerra commessi dalle truppe russe in Ucraina, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi - presente a Monaco - ha portato un messaggio controverso, che ha fatto drizzare le antenne a tutti: "La guerra in Ucraina deve finire".
Un messaggio accolto, in ogni caso, con estrema cautela da Washington.
Pechino - alleata di Mosca, ma fin dall'inizio restia ad abbracciare la mossa guerrafondaia di Vladimir Putin di invadere l'Ucraina - sembra aver deciso di far pesare la sua influenza e annuncia che proporrà una sua iniziativa per superare la crisi che sta riportando il mondo ai tempi della Guerra Fredda.
E mentre si attende il discorso del presidente Xi Jinping in vista dell'anniversario dell'invasione russa, il suo inviato a Monaco, Wang Yi, ha chiarito: "Siamo dalla parte del dialogo, la pace deve avere una chance", anche perché "si deve evitare un disastro nucleare".
Quindi: Cina con la Russia o contro la Russia?
Commenta Annalena Baerbock, ministra tedesca degli Esteri:
Ancora discussioni per Svezia e Finlandia nella Nato
Nell'agenda della sicurezza globale, di cui si è discusso a Monaco di Baviera, c'è anche l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, pienamente sostenuto dagli Stati Uniti, ma di fatto "bloccato" dalla Turchia e - per il momento - dal veto del presidente turco Erdoğan, alla ricerca di un accordo con Stoccolma sulla vicenda dell'appoggio svedese ai curdi (considerati da Erdoğan alla stregua dei "terroristi" del PKK), rifugiati in Scandinavia.