COP 15, accordo storico per la protezione della biodiversità

COP15, Canada
COP15, Canada Diritti d'autore Diritti d'autore Paul Chiasson/AP
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Di Debora Gandini Agenzie:  AP
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Si dovranno proteggere il 30% delle terre e delle acque. Maggiori finanziamenti anche per i paesi più poveri

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I negoziatori hanno raggiunto "un accordo storico" alla COP 15, la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che rappresenta lo sforzo più significativo per proteggere le terre e gli oceani del mondo e per fornire finanziamenti essenziali per salvare la biodiversità nei Paesi in via di sviluppo.

La Cina, che detiene la presidenza di questa conferenza, ha rilasciato all'inizio della giornata una nuova bozza che ha dato ai colloqui, a volte controversi, lo slancio necessario per arrivare a un accordo.

La parte più significativa dell'intesa è l'impegno a proteggere il 30% delle terre e delle acque considerate importanti per la biodiversità entro il 2030. Attualmente sono protette il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine.

"Non c'è mai stato un obiettivo di conservazione a livello globale di questa portata", ha dichiarato ai giornalisti Brian O'Donnell, direttore del gruppo di conservazione Campaign for Nature. "Questo ci mette in condizione di salvaguardare la biodiversità dal collasso... Siamo ora all'interno del range che gli scienziati pensano possa fare una differenza marcata nella biodiversità".

La bozza, che è stata approvata dai governi dei Paesi partecipanti, chiede anche di raccogliere 200 miliardi di dollari entro il 2030 proprio per cercare di eliminare, in modo graduale o riformare i sussidi che potrebbero fornire altri 500 miliardi di dollari per la natura.

Entro il 2025 nel pacchetto di finanziamenti è stato chiesto di aumentare ad almeno 20 miliardi di dollari il denaro destinato ai Paesi poveri, circa il doppio di quanto viene attualmente erogato. Alcuni paesi chiedevano un impegno più severo sui sussidi che rendono cibo e carburante economici in molte parti del mondo. 

"Il nuovo testo è un misto", ha dichiarato Andrew Deutz, direttore delle Politiche globali, delle istituzioni e della finanza per la conservazione di The Nature Conservancy. "Contiene alcuni segnali forti in materia di finanza e biodiversità, ma non riesce ad andare oltre gli obiettivi di 10 anni fa in termini dell'affrontare i fattori che determinano la perdita di biodiversità in settori produttivi come l'agricoltura, la pesca e le infrastrutture, e quindi rischia di non essere completamente efficace".

Più finanziamenti per i paesi poveri

I ministri e i funzionari governativi di circa 190 Paesi si sono trovati per lo più d'accordo sul fatto che la protezione della biodiversità deve essere una priorità, e molti hanno paragonato gli sforzi compiuti a quelli di un'altra nazione. Ma per quasi due settimane hanno lottato per trovare un accordo sull'aspetto di tale protezione e su chi dovrà pagarla.

Il finanziamento è stato uno dei temi più dibattuti, tanto che i delegati di 70 Paesi africani, sudamericani e asiatici hanno abbandonato i negoziati mercoledì. Sono rientrati alcune ore dopo. Il Brasile, che ha parlato a nome dei Paesi in via di sviluppo, ha dichiarato in una dichiarazione che dovrebbe essere istituito un nuovo meccanismo di finanziamento dedicato alla biodiversità e che i Paesi sviluppati dovrebbero fornire 100 miliardi di dollari all'anno in sovvenzioni finanziarie alle economie emergenti fino al 2030.

"Ci sono tutti gli elementi per un equilibrio di insoddisfazione, che è il segreto per raggiungere un accordo negli organismi delle Nazioni Unite", ha dichiarato all'Associated Press Pierre du Plessis, un negoziatore della Namibia che sta aiutando a coordinare il gruppo africano. "Tutti hanno ottenuto un po' di quello che volevano, non necessariamente tutto quello che volevano. Vediamo se c'è uno spirito di unità".

Altri hanno lodato il fatto che il documento riconosca i diritti delle comunità indigene. Nei precedenti documenti sulla biodiversità, i diritti delle comunità indigene sono stati spesso ignorati e raramente hanno fatto parte di discussioni più ampie, se non per un riferimento alle loro conoscenze tradizionali. Il quadro riaffermerebbe i diritti delle popolazioni indigene e garantirebbe loro voce in capitolo in ogni processo decisionale.

Ma la Wildlife Conservation Society e altri gruppi ambientalisti sono preoccupati per il fatto che la bozza rimanda al 2050 l'obiettivo di prevenire l'estinzione delle specie, preservare l'integrità degli ecosistemi e mantenere la diversità genetica all'interno delle popolazioni. Temono che questa scadenza non sia abbastanza ambiziosa.

La COP15 dedicata alla biodiversità

I governi di 196 Paesi e le organizzazioni regionali di tutto il mondo - che fanno parte della Convenzione Onu sulla biodiversità, firmata a Rio nel 1992 e in vigore dal 1993 – si sono riuniti per concordare una serie di nuovi obiettivi, da qui al 2030, per la tutela di ambiente, animali e vegetali. E per combattere contro la perdita di "spazi vitali".

Guterres: "Serve un patto di pace con la natura"

Il Segretario Generale dell'Onu, António Guterres, ha chiesto un "patto di pace con la natura" con "obiettivi quantificati e mirati che affrontino le cause profonde di questa distruzione e meccanismi efficaci di responsabilità".

L’appello delle comunità indigene

Le comunità indigene del Brasile sanno che molto è stato fatto ma sono anche consapevoli che è necessario alzare la soglia di tutela. Lo chiedono con diplomazia, definendo un successo la nuova legge dell'Unione europea sulla deforestazione. Non basta, però, perché la normativa esclude dalla salvaguardia numerosi altri ecosistemi, come ad esempio il Cerrado brasiliano.

"Almeno tre quarti della biomassa del Cerrado sono stati esclusi dall'obbligo di garantire la tracciabilità dei prodotti: questo avrà un impatto su almeno 110 comunità e popoli tradizionali, principalmente indigeni, che saranno direttamente colpiti dalle lacune della norma" ha detto Dinamam Tuxam, coordinatore esecutivo della delegazione dei popoli indigeni del Brasile.

"La legge, nel suo ambito di applicazione o di tracciabilità, ha lasciato fuori i finanziatori, le banche, coloro che forniscono il denaro, coloro che sono dietro diverse iniziative e che non sono coperti dalla legge, quindi non sono soggetti a verifica, e da lì abbiamo già una falsa partenza" ha aggiunto Levi Sucre, coordinatore dell'Alleanza mesoamericana.

L’Unione europea non consentirà più l’ingresso nel mercato europeo di prodotti legati alla distruzione delle foreste. I decisori politici dell’Ue hanno concluso i negoziati per una legge europea sulla deforestazione, raggiungendo un accordo storico. Questo regolamento è il primo al mondo ad affrontare la deforestazione globale e ridurrà significativamente l’impronta dell’Ue sulla natura" si legge in una nota del WWF.

Risorse addizionali per questo articolo • ANSA

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