Per un tribunale di Mosca fu l'estremo tentativo di mettere a tacere il più ardente nemico di Vladimir Putin
Esattamente un anno fa, un tribunale di Mosca ha condannato il leader dell'opposizione russa Alexei Navalny a scontare due anni e mezzo di prigione, nell'ultimo tentativo di mettere a tacere il più ardente nemico del presidente Vladimir Putin.
La sentenza concluse settimane di tensioni seguite al ritorno di Navalny in Russia dalla Germania, dove aveva trascorso cinque mesi per riprendersi da un avvelenamento da agente nervino, attribuibile al Cremlino.
Al suo rientro in patria, Navalny fu immediatamente arrestato.
"La politica di opposizione legale in Russia è finita quasi del tutto - dice sconsolata Irina Fatyanova, ex capo dell'ufficio di Navalny a San Pietroburgo - perché non solo gli attivisti isolati sono stati incarcerati e perseguitati, ma l'intera struttura è stata distrutta ed etichettata come estremista, e ciò comporta enormi rischi e pene detentive".
Grandi folle hanno protestato in tutta la Russia per alcuni fine settimana successivi, chiedendo il suo rilascio; migliaia di persone furono arrestate ed aperte numerose indagini criminali sui più stretti alleati del politico.
Ma come si è scoperto nei mesi successivi, la repressione era appena iniziata.