In Myanmar la repressione si fa sempre più dura. Decine di morti e feriti tra i manifestanti. La polizia spara contro i civili. ONU e Ue chiedono la fine delle violenze. Bruxelles valuta di adottare a breve misure per far fronte a questa situazione
Diventa sempre più violenta la repressione contro i dimostranti che in Myanmar da settimane protestano contro il golpe militare del primo febbraio. Il bilancio provvisorio parla di una ventina di morti e decine di feriti.
Per disperdere la folla, che ormai si dà appuntamento ogni giorno nelle principali città del Paese al grido di democrazia e libertà, le forze di sicurezza ora sparano sulle persone. Dal centro di Yangon a Tavoy le immagini sono le stesse. Studenti e cittadini di ogni età non si lasciano intimorire, e sfidando i colpi di arma di fuoco, chiedono la restaurazione del governo civile di Aung San Suu Kyi.
La giunta militare non arretra e passa alle maniere ancora più forti contro i dimostranti, dopo aver utilizzato nelle scorse settimane pallottole di gomma, lacrimogeni e cannoni ad acqua. Mentre gli ospedali si riempiono, la comunità internazionale chiede l’immediata fine di ogni violenza contro i civili.
Per l’Alto rappresentante dell'Unione europea Josep Borrell la popolazione del Myanmar deve poter esprimere il proprio diritto alla libertà di espressione e di riunione". "Questa fine settimana, l'esercito ha aumentato la sua brutale repressione delle proteste pacifiche, lasciando molti manifestanti morti o feriti", ha aggiunto Borrell. La violenza non darà legittimità al ribaltamento illegale del governo democraticamente eletto".In risposta a questa situazione di emergenza Bruxelles potrebbe adottare a breve misure. Finora la pressione internazionale non sembra aver avuto alcuna influenza sul Generale Min Aung Hlaing.