Il Myanmar sfida i Generali. Proteste di massa in tutto il Paese

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Di Debora Gandini
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Il Myanmar sfida i Generali. Proteste di massa e sciopero generale in tutto il Paese. Secondo fonti locali ci sarebbero almeno quattro vittime. I ministri degli Esteri del G7 condannano le violenze contro i manifestanti

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Al grido di “democrazia” la gente del Myanmar è scesa di nuovo in piazza, sfidando gli avvertimenti dei militari. I manifestanti in rivolta contro i generali golpisti non si sono fatti intimidire. In tutto il Paese si è tenuto uno sciopero generale con cortei nelle principali città. Negozi e attività chiuse. Servizi bloccati. Una delle più grandi proteste contro il colpo di stato di tre settimane fa. La folla si è radunata a Yangon, Naypyidaw, Mandalay. Il popolo chiede la liberazione del presidente U Win Myint e del consigliere di stato, Aung San Suu Kyi, e di restituire il potere al governo eletto.

“Ieri avevo paura ad uscire di casa, dice una donna. Ma poi mi sono detta. Accada quel che accada. Dobbiamo farlo. Dobbiamo protestare. Non voglio che il nostro paese sia governato dai militari. Ecco perché scendiamo in piazza per dire stop a questo regime. Stiamo protestando anche se abbiamo paura".

La giunta militare ha diffuso una nota su Mrtv accusando i manifestanti in piazza di incitamento alla ''rivolta e anarchia''. Il Consiglio di amministrazione dello Stato, nome ufficiale della giunta militare, ha affermato che ''i manifestanti hanno incitato le persone, in particolare adolescenti e giovani emotivi, a un percorso di confronto in cui subiranno la morte".

Intanto la leader del partito Lega Nazionale per la Democrazia Aung San Suu Kyi resta agli arresti domiciliari dopo essere stata arrestata dalla giunta militare. L'accusa, secondo il regime, è di aver importato illegalmente nel suo Paese delle radio walkie-talkie.

L'UE condanna l'uso della forza

L’Unione europea si è detta pronta ad adottare misure restrittive nei confronti dei diretti responsabili del golpe che di fatto ha deposto la premio Nobel per la pace il cui partito aveva vinto le elezioni a novembre ma che i militati hanno stoppato con l’accusa di brogli ritenuta infondata dalla comunità internazionale.  Per i ministri degli Esteri del G7 è inaccettabile l'uso della violenza contro le persone che protestano contro il golpe del primo febbraio e i responsabili devono risponderne. "Chiunque risponde a proteste pacifiche con la violenza deve renderne conto - affermano in una dichiarazione congiunta.

"Restiamo uniti nel condannare il golpe in Myanmar - aggiungono i ministri degli Esteri di Italia, Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Giappone e Stati Uniti e l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue.  

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