"L'amnistia politica non serve" dice il presidente bielorusso Lukashenko, "perché non abbiamo prigionieri politici"
La platea è di parte: funzionari civili e militari bielorussi. A loro, il presidente Alexander Lukashenko regala le sue due verità: "Le rivendicazioni democratiche sono state frutto di tensioni create artificialmente dall'esterno", e aggiunge: "La Bielorussia non ha mai avuto prigionieri politici. Detto in altre parole: nessuno è in stato di detenzione per questioni politiche".
"Qualcuno ha affermato che dovremmo fare un'amnistia politica. Ho risposto a questa domanda ai giornalisti - dichiara Lukashenko - se qualcuno prende il codice penale, o altre nostre leggi, e mi mostra almeno un articolo politico nel codice penale e dice che qualcuno è stato condannato sulla base di quell'articolo politico, penseremo a quali decisioni prendere. Non abbiamo mai avuto e non abbiamo prigionieri politici. ".
Sei mesi di proteste, la repressione del dissenso, la leader dell'opposizione Tikanovskaia riparata in Lituania: è il bilancio della gestione Lukashenko dopo le elezioni dello scorso 9 agosto.
Le autorità hanno dato un giro di vite alle manifestazioni in gran parte pacifiche, la più grande delle quali ha attirato fino a 200.000 persone. La polizia ha usato granate stordenti, gas lacrimogeni e manganelli per disperdere le manifestazioni.
Secondo i sostenitori dei diritti umani, più di 30.000 persone sono state arrestate dall'inizio delle proteste, e migliaia di loro sono state brutalmente picchiate.
Per blindare il potere, il presidente bielorusso - che governa il Paese da più di 26 anni - ha anche annunciato una bozza di riforma costituzionale, da sottoporre a referendum verosimilmente all'inizio del 2022.