Chi sono i conservatori americani che voteranno contro Trump, e che ruolo avranno alle presidenziali

Lora Torgerson, repubblicana, protesta contro Donald Trump: "Sono un membro del GOP e non mi sono mai vergognata tanto del nostro partito"
Lora Torgerson, repubblicana, protesta contro Donald Trump: "Sono un membro del GOP e non mi sono mai vergognata tanto del nostro partito" Diritti d'autore AP Photo
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Di Marie JametThomas Seymat
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Tre grandi gruppi repubblicani con milioni di dollari a disposizione fanno campagna contro Trump. Il messaggio è semplice: "Si può essere repubblicani e non avere timore di votare per Joe Biden". Si sentono traditi, e sanno come toccare le corde giuste dell'elettorato conservatore.

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"Non c'è nulla che ci protegga dal bordo della scogliera". Steve Schmidt, l'uomo dietro la campagna presidenziale 2008 di John McCain contro Barack Obama, non ha dubbi. Secondo lo stratega repubblicano, Donald Trump è chiaramente una minaccia per la democrazia americana. 

"C'è un presidente americano che minaccia l'instabilità politica... e allo stesso tempo fa accuse assurde e diffonde teorie cospirative sulla legittimità delle elezioni americane".

Schmidt non è il solo conservatore a pronunciarsi pubblicamente a favore di Joe Biden. In vista delle elezioni del 3 novembre, sono stati formati dei comitati di azione politica (PAC) che stanno pompando milioni di dollari nelle campagne anti-Trump.

Ogni gruppo anti-Trump attacca in maniera diversa

Steve Schmidt è co-fondatore del Lincoln Project, uno dei gruppi repubblicani anti-Trump lanciato nel dicembre 2019. Al centro delle critiche del Progetto Lincoln, dichiara, c'è l'amore per la costituzione americana, ritenuta macchiata e minacciata dalla personalità e dalla politica di Trump.

Tra gli otto creatori di questo gruppo c'è anche George Conway, marito di Kellyanne Conway, stretta consigliere e portavoce di Donald Trump durante la campagna elettorale del 2016. Quest'ultima si è dimessa nell'agosto scorso, adducendo come scusa "disaccordi col marito su diverse questioni".  

Il Progetto Lincoln non è il solo. Contro Trump si schiera anche REPAIR, ovvero l'Alleanza politica repubblicana per l'integrità e la riforma, fondata da ex membri delle amministrazioni repubblicane Reagan, Bush e perfino Trump. 

Dicono che opporsi al tycoon newyorchese è un dovere morale. "Ora o mai più", afferma Miles Taylor, ex capo dello staff del Dipartimento della Sicurezza Nazionale. 

Per Taylor, "chi è stato testimone da vicino dell'incapacità del Presidente di guidare il Paese, ha l'obbligo morale di condividere questa constatazione con gli elettori".

REPAIR è vicinp al gruppo Elettori repubblicani contro Trump, che mira principalmente a convincere i repubblicani riluttanti a votare Joe Biden. 

Messi insieme, questi tre gruppi hanno un potere di fuoco di diversi milioni di dollari.

In Ohio, stato chiave per le elezioni, un gruppo di repubblicani anti-Trump, inclusi alcuni funzionari del partito, membri dell'amministrazione repubblicana e veterani, sta prendendo di mira gli stessi elettori a cui si rivolge il Presidente. 

"Abbiamo deciso che Trump non rappresenta né i valori del partito né i nostri valori personali, e stiamo cercando di convincere quei repubblicani ancora esitanti - e che potrebbero avere dubbi su Trump - che questa volta è bene cambiare idea. Si può essere repubblicani e votare per Joe Biden", dice Michael Anne Johnson, uno dei Repubblicani contro Trump. 

Spera, con il suo esempio, di convincere amici e vicini.  "Molti di noi sono ancora repubblicani, e abbiamo ancora intenzione di essere coinvolti politicamente e di avere voce in capitolo nel Partito Repubblicano". 

Nel frattempo, lo scorso agosto John Kasich, ex governatore repubblicano dell'Ohio, ha ottenuto un posto di rilievo al congresso come democratico. I democratici stanno lavorando duramente per cercare di attrarre nel proprio campo gli avversari ancora indecisi.

Ci sono un'altra decina di gruppi repubblicani anti-Trump in cui figurano ex membri dell'amministrazione di George W. Bush, come 43 Alumni per Joe Biden, oppure collettivi cristiani che cercano di ostacolare la rielezione di Trump.

Il "Never-Trumpism" , un fenomeno d'élite

Il movimento di diserzione tra le fila repubblicane risale alle primarie che consacrarono Donald Trump candidato ufficiale del Grande Vecchio Partito (GOP, Partito Repubblicano) nel 2016. 

Già allora alcuni alti calibri della politica USA presero le distanze dal magnate. Tra loro per esempio ci fu Colin Powell, ex segretario di Stato di George W. Bush, reo di aver votato per Hillary Clinton nel 2016. Anche quest'anno ha annunciato di preferire i democratici e ha rincarato la dose, partecipando addirittura alla Convention democratica la scorsa estate.

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AP/AP
Colin Powell partecipa alla seconda notte della convention democratica il 18 agosto scorsoAP/AP

Altri hanno preso le distanze dall'attuale Presidente USA nel corso degli anni. 

Mitt Romney, per esempio, che ha scritto un editoriale contro Trump sul Washington Post nel 2019, e ha votato per l'impeachment di Trump nel febbraio scorso. 

Ci sono poi figure che, entusiaste all'inizio della campagna Trump, hanno saltato il fosso ma rimangono tuttavia in silenzio, senza aderire pubblicamente ad alcun gruppo anti-Trump. Tra loro c'è ad esempio l'ex capo dello staff di Donald Trump, John Kelly, il quale si astiene da ogni commento citando un "dovere del silenzio". 

John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale nell'amministrazione Trump, ha pubblicato un libro in cui scrive che il Presidente "vede cospirazioni dietro ogni pietra e rimane ostinatamente disinformato". James Mattis, Segretario della Difesa degli Stati Uniti tra il 2017 e il 2019, è stato intervistato nel libro del giornalista Bob Woodward ma non ha più fatto alcun commento in merito. 

Rancori e dissapori sono tali che alcuni dei principali media americani, come il New York Times o la NBC, tengono elenchi aggiornati dei membri del Partito Repubblicano o dell'amministrazione che lasciano l'incarico e dichiarano apertamente la loro opposizione.

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I "ribelli" non sono la maggioranza.

Il professor Steven Teles della Johns Hopkins University, co-autore con Robert Saldin del libro Never Trump, the revolt of the conversation elites, spiega a Euronews che "quando pensiamo a un movimento, pensiamo a centinaia di migliaia di persone che manifestano per le strade. Il movimento Never Trump non è, per la maggior parte, un movimento di massa... è soprattutto, secondo la nostra analisi, un movimento di professionisti repubblicani conservatori", un "fenomeno d'élite".

In realtà, la base degli elettori conservatori continua a mantenere la propria fiducia in Donald Trump. Nel suo ultimo studio, il Gallup Institute indica che il 94% di coloro che si identificano come repubblicani approva l'azione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti.

Per Steven Teles, gli oppositori conservatori di Donald Trump sono principalmente "le piccole mani del potere", professionisti dell'amministrazione che riempiono le migliaia di posti disponibili negli uffici pubblici, perché quando si guarda ai sondaggi, Trump rimane ancora il candidato popolare, se non il più popolare, tra la base elettorale conservatrice rispetto a qualsiasi altro repubblicano prima di lui".

I due autori dipingono un ritratto dei pro e degli anti-Trump all'interno del partito conservatore. Il presidente, scrivono, è riuscito a fare una sorta di accordo di non aggressione con i funzionari legali e giudiziari che occupano i posti vacanti nel sistema giudiziario, promettendo di scegliere tra loro i prossimi giudici della Corte Suprema.

In cambio, la stragrande maggioranza gli è rimasta fedele.

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D'altra parte, molti degli anti-Trump provengono da frange conservatrici che lavorano nell'ambito della sicurezza nazionale nei Dipartimenti della Difesa, degli Affari Esteri o degli Interni. "Fin dall'inizio, si sono opposti fortemente a Donald Trump. Soprattutto perché Trump li ha rifiutati... sono stati loro a mandarci in Iraq. Trump invece vuole una politica estera più isolazionista e nazionalista".

Sono ancora scioccati dalla mancanza di rispetto che Donald Trump mostra per le cerimonie ufficiali mentre "prendono molto seriamente i gesti che ritualizzano la statualità". 

È il caso di John Bolton e James Mattis, per esempio, o di Miles Taylor, co-fondatore di REPAIR.

I conservatori anti-Trump potranno influenzare l'esito delle presidenziali?

"L'anti-campagna conservatrice" si svolge sui media, sia tradizionali che online. Con i fondi raccolti, i gruppi finanziano campagne pubblicitarie politiche in televisione, radio e social network.

Il Lincoln Project, il peso massimo della categoria, ha 2,5 milioni di iscritti su Twitter, 970mila su Facebook, 680mila su Youtube e 650mila su Instagram. 

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Anthony Scaramucci, uomo d'affari e brevemente direttore delle comunicazioni alla Casa Bianca nel luglio 2017, si è unito al Progetto Lincoln dopo la chiusura del suo gruppo, Right Side PAC, a causa dell'arresto del suo co-fondatore Matt Borges con l'accusa di corruzione. 

Ha partecipato ad un documentario contro Donald Trump (Unfit) e ha riassunto così la strategia: "Dobbiamo mantenere forte la pressione, quindi per me l'approccio è multimediale. È radio, podcast, Twitter, TV e film".

Il gruppo ha fatto un live tweet dell'ultimo dibattito del 22 ottobre scorso, con immagini che dimostrano il contrario di quanto affermato dal Presidente e dal candidato repubblicano; quindi è stata pubblicata un'analisi completa della tenzone. 

L'obiettivo è chiaramente attaccare sia Trump come uomo, sia Trump come politico e Presidente.  

Lo stesso vale per i 43 Alumni per Joe Biden:

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"Il 3 novembre è il giorno delle elezioni. Trump dice che i latini sono spacciatori, criminali e stupratori. Ha separato 5mila bambini dai loro genitori. Ha annullato la protezione di Obama per i bambini che rientravano sotto il DACA. Trump sta incitando assassini a massacrare i latini. Ha promesso aiuti a Porto Rico solo per ottenere il voto dei latini. Trump ha fallito nella lotta contro il Covid-19, che ha ucciso oltre 200mila americani, per lo più neri e latino-americani. Trump è un fallimento, una minaccia. Votate per far fuori Trump".

I Repubblicani contro Trump stanno cercando di rassicurare gli elettori repubblicani più riluttanti a votare per Joe Biden. Chiedono di condividere sui social le loro testimonianze sul perché non voteranno di nuovo per l'attuale presidente. 

Uno di loro dice che voterebbe piuttosto per una scatola di pelati piuttosto che per Trump. 

Si premurano di sottolineare che votare Joe Biden non è un tradimento. In questo post Facebook, ad esempio, si legge: "Vi chiedete perché tanti repubblicani di lunga data votano per Biden? Jim spiega tutto questo nella sua testimonianza. Non sono i repubblicani a lasciare il partito, è il partito ad averli abbandonati".

Ma rimane **difficile determinare l'impatto di queste campagne sul voto. **

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"Quello che è certo è che sono in grado di inserire nel discorso mediatico cose che il team Biden non può o non vuole affrontare", dice Teles. "Sanno di essere addestrati a pensare come gli elettori repubblicani. Questo significa che probabilmente saranno più in sintonia con quegli argomenti che possono smuovere gli elettori delle minoranze repubblicane".

Questa diversificazione del discorso, in aggiunta alla campagna di Joe Biden, potrebbe essere importante nel raggiungere "un gruppo di elettori completamente diverso", analizza Steven Teles.

Il ricercatore conclude testimoniando la "profonda tristezza" dei repubblicani che ha intervistato, una sensazione che non aveva previsto quando ha iniziato la sua ricerca: "Il Partito Repubblicano ha dato loro un posto esistenziale nel mondo", afferma Teles. "Così si spiega il registro emotivo usato per attaccare gli altri repubblicani sostenitori di Trump. Un po' come un amante che è stato lasciato.. sono arrabbiati perché per loro è importante, pensavano che il movimento conservatore fosse la loro casa. Era la loro casa". 

Fino all'avvento di Trump.

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