Migranti, in Tunisia si chiedono: "Che accordo abbiamo firmato con l'Italia? Fateci vedere il testo"

Lampedusa, luglio 2020. Un gruppo di migranti si preparata a lasciare l’isola di Lampedusa a bordo della nave Peluso
Lampedusa, luglio 2020. Un gruppo di migranti si preparata a lasciare l’isola di Lampedusa a bordo della nave Peluso Diritti d'autore Foto: Sara Creta
Di Sara Creta
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Quasi la metà dei 23.517 migranti arrivati ​​in Italia negli ultimi 9 mesi sono tunisini. E così Di Maio e Lamorgese sono volati a Tunisi a promettere soldi e aiuti. Ma chi ha visto il testo di quell'accordo? Dalla Tunisia chiedono trasparenza.

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La società civile tunisina sta chiedendo al proprio governo di rendere noto il contenuto di un nuovo, recente accordo bilaterale con l'Italia destinato a frenare i flussi migratori. In Tunisia temono infatti che non venga mai ratificato ufficialmente dal parlamento, così come richiede la costituzione.

Il 17 settembre, il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES) ha presentato al tribunale amministrativo di Tunisi una richiesta di accesso civico per capire cosa è stato messo sul piatto durante la recente visita a Tunisi del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, accompagnato da Luciana Lamorgese (Interno) e dai commissari europei Oliver Varhelyi e Ylva Johansson.

La cooperazione italo-tunisina sulla riammissione dei migranti risale alla fine degli anni '90.

Tuttavia, sostengono alcuni analisti consultati da Euronews, i tre accordi bilaterali che si sono susseguiti nel 1998, 2009, 2011 e la dichiarazione congiunta del 2017 sono procedure semplificate. Aggirerebbero quindi sia la costituzione tunisina che quella italiana: entrambe infatti impongono la ratifica di trattati internazionali da parte dei rispettivi parlamenti.

L'incontro di agosto tra le delegazioni italiana, tunisina ed europa è giunto in un momento in cui le partenze dalla costa tunisina sono in aumento, e i colloqui tra le cancellerie proseguono senza sosta.

Tra qualche settimana, a fine ottobre, il presidente tunisino Kais Saied sarà in visita a Roma. Un gesto forte dopo la promessa dei diplomatici italiani: “Roma è pronta a presentare tutti gli aiuti necessari alla Tunisia”.

Secondo i dati pubblicati dal ministero dell'Interno, quasi la metà dei 23.517 migranti arrivati ​​in Italia negli ultimi 9 mesi sono tunisini. Secondo i dati del ministero dell'Interno italiano, dall'inizio dell'anno sono stati 497 i tunisini rimpatriati, 261 solo ad agosto. I voli settimanali, alterati dall'emergenza sanitaria COVID-19, sono ripresi a pieno ritmo. In aumento ad ottobre, fanno sapere dal Viminale.

Il governo italiano ha noleggiato frettolosamente navi traghetto - ora 5 al largo della Sicilia - per tenere i migranti in quarantena; i cittadini tunisini però generalmente non hanno accesso alla richiesta di protezione internazionale e vengono espulsi quasi immediatamente dopo lo sbarco.

Secondo gli avvocati dell’Associazione Studi Giuridici sull'immigrazione (Asgi), le procedure accelerate a cui sono sottoposti i cittadini di nazionalità tunisina sono applicate in maniera estremamente confusionaria, a discapito del rispetto dei loro diritti.

Nelle ultime settimane, il ministro degli interni italiano, Luciana Lamorgese, si è recata ben due volte a Tunisi per offrire sostegno e nuove attrezzature per pattugliare meglio le coste tunisine. Insieme ai partner europei è stato offerto un nuovo pacchetto da 10 milioni di euro.

Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha addirittura avanzato la richiesta di un “nuovo accordo” con la Tunisia al fine di ottenere rimpatri “più rapidi” - non solo in aereo ma anche via mare.

Foto: Sara Creta
La nave quarantena GNV azzurra attracca a Trapani al molo RonciglioFoto: Sara Creta

Breve storia dei nostri rapporti diplomatici con la Tunisia

La cooperazione italo-tunisina sulla riammissione dei migranti non è una novità. Il primo accordo, datato 6 agosto 1998, si basava su una nota verbale tra il ministro degli Esteri italiano e l'ambasciatore tunisino a Roma.

Sulla base dei negoziati avviati con il memorandum d’intesa concordato tra l’Italia e la Tunisia il 28 gennaio 2009 - firmato da Roberto Maroni e Rafik Belhaj Kacem - vengono definite “procedure di identificazione semplificate o accelerate”, in stretta collaborazione con le autorità consolari tunisine stabilite in Italia, ed in particolare a Palermo.

Segue nel 2011 un protocollo d'intesa “un accordo tecnico sulla cooperazione tra i due Paesi contro l'immigrazione clandestina ed oltre al rafforzamento della collaborazione tra forze di Polizia e sono previsti anche rimpatri", spiegherà l’allora ministro degli interni Maroni. Nel testo sono specificate le modalità di rimpatrio: circa 100 persone al mese - due voli charter la settimana da 40 persone.

Secondo gli esperti, questi accordi bilaterali sono diventati sempre più informali al fine di evitare lunghe ratifiche a livello bilaterale, rendendoli così più ambigui.

"Il regno dell'ambiguità"

"E’ il regno dell'ambiguità. Le procedure accelerate alla frontiera sono altamente problematiche, soprattutto quando sono sancite da accordi informali che rimangono al di fuori della competenza pubblica e del controllo parlamentare", ha affermato Jean-Pierre Cassarino, politologo e uno dei massimi esperti in materia. “Come può essere garantito un giusto processo? Non c'è una risposta a questa domanda fondamentale”.

L'annuncio del nuovo patto tra Roma e Tunisi ha suscitato diffuse critiche e si sono moltiplicate le richieste di chiarimenti da parte della società civile tunisina. Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES) ha presentato al tribunale amministrativo di Tunisi una richiesta di accesso alle informazioni sul contenuto degli accordi.

Nonostante per la Tunisia la firma di questi vada nella direzione di consolidare le alleanze, le esigenze tunisine spesso non vengono prese in considerazione dalla controparte europea. "È un modo per essere considerati un partner affidabile per l'Ue", ha detto Majdi Karbai, membro del parlamento tunisino all'estero per il partito politico socialdemocratico At-Tayyar ad-Dimuqrati.

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Negli ultimi anni, la politica di facilitazione del rilascio dei visti UE, si è inserita all’interno di un contesto di incentivi, comunemente utilizzati per convincere paesi come la Tunisia a cooperare in materia di rimpatri.

Per raggiungere questo obiettivo, l'UE ha mobilitato gli strumenti politici per facilitare i visti in cambio di garanzie sui rimpatri.

Nessuna soluzione strutturale al problema delle partenze

L'UE ha anche promesso di sostenere gli sforzi della Tunisia per affrontare le sfide dello sviluppo locale tunisino, creare posti di lavoro e impedire ai giovani di cercare di fuggire dal paese nordafricano. Ma c'è chi pensa a Tunisi che questi annunci altro non siano che soluzioni tampone.

Il presidente tunisino Kais Saied, la cui giovane democrazia e messa a dura prova dalla profonda crisi economica, ha ribadito la necessità di un approccio più ampio per combattere la povertà e la disoccupazione che alimentano le partenze. “L'approccio incentrato sulla sicurezza non è né il migliore né sufficiente per sradicare l'immigrazione irregolare”, aveva ribadito durante una visita alle due città costiere di Sfax e Mahdia.

Il tasso di disoccupazione tunisino è salito al 21% in seguito alla pandemia COVID-19. Una situazione economica non certo positiva, aggravata dalle restrizioni e l’aumento della disoccupazione, con il Sud del Paese attraversato da pericolose tensioni sociali.

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Ma l'esasperazione e il malcontento tra le famiglie e i giovani della Tunisia meridionale non sono una novità.

Il bacino tunisino del fosfato nel governatorato meridionale di Gafsa e la stazione di pompaggio di greggio di El Kamour, una città strategica a 100 Km da Tataouine, hanno assistito negli ultimi mesi a un rinnovato stato di agitazioni sociali e proteste, come promemoria degli impegni non mantenuti dai governi tunisini nell’affrontare l'emarginazione socioeconomica della regione.

Più visti in cambio di rimpatri

Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTES), ricorda inoltre che la migrazione sta diventando sempre di più anche un investimento per le famiglie della classe media tunisina, che sono pronte a chiedere credito bancario per facilitare le richieste di visto.

Un recente studio di FTES ha rilevato che vi è una generale mancanza di informazioni sulle offerte di lavoro e istruzione all'estero, che viene sfruttata dalle agenzie di reclutamento, estraendo ingenti somme di denaro da una popolazione migrante già vulnerabile.

"La facilitazione del visto è solo uno slogan", ha aggiunto Romdhane Ben Amor.

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Ogni anno, la Commissione europea pubblica le statistiche sulla concessione dei visti Schengen.

Le domande di visto presentate dalla Tunisia nel 2019 sono aumentate del 5,6%, circa 250.000. Nell'ultimo anno, il Consolato generale d'Italia a Tunisi ha ricevuto circa 15.000 domande di visto e respinto il 28% delle richieste.

Secondo uno studio condotto dall’organizzazione tunisina FTES, i rifiuti sembrano essere aumentati in modo significativo negli ultimi anni e rimangono, nella maggior parte dei casi, ingiustificati e arbitrari.

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