Pandemia e ripresa economica, i socialisti europei avvertono: no all'austerità

Iratxe Garcia, capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo.
Iratxe Garcia, capogruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo. Diritti d'autore Aris Oikonomou / AFP
Diritti d'autore Aris Oikonomou / AFP
Di Elena Cavallone
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Per la leader degli eurodeputati europei, Iratxe Garcia Perez , prestare soldi ai paesi in difficoltà vincolandoli a riforme strutturali sarebbe un grande errore

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Si avvicina il momento della verità e mentre la Commissione europea lavora agli ultimi dettagli di un piano per il recovery fund (il piano per far ripartire le economie europee danneggiate dalla pandemia che dovrebbe essere presentato mercoledì) in Europa si è aperto un dibattito tra i governi che rischia di essere letale per la tenuta del progetto europeo.

Da una parte c’è la proposta franco-tedesca di stabilire un fondo per la ripresa economica da 500 miliardi di euro da attribuire tramite sovvenzioni a fondo perduto a quei paesi che hanno sofferto maggiormente della crisi. Soldi che la Commissione europea dovrebbe prendere in prestito sui mercati finanziari e permettere di fatto la condivisione del debito. 

Dall’altra la posizione contraria dei cosiddetti “quattro frugali”: Austria, Danimarca, Svezia e Olanda che invece vorrebbero che quei fondi venissero concessi attraverso prestiti e a condizione di introdurre delle riforme.

Oltre alle pressioni nazionali, a mettere pressione all’esecutivo europeo è anche il Parlamento europeo, che rivendica un coinvolgimento maggiore nella definizione del tanto atteso piano per la ripresa economica.

Euronews ha incontrato la leader dei socialisti europei, l’eurodeputata spagnola Iratxe Garcia, che esorta i governi nazionali a non commettere gli stessi errori del passato.

Secondo lei in che modo la Commissione europea dovrebbe finanziare la ripresa economica?

“Sicuramente attraverso delle sovvenzioni a fondo perduto e non attraverso dei prestiti. Questi soldi devono poter essere usati dagli Stati membri per rispondere alla crisi generata dal Covid-19 e la risposta stavolta deve essere diversa da quella del 2008, in cui ha prevalso la linea dell’austerità. Non permetteremo che questo piano sia vincolato a riforme macroeconomiche che comportano tagli alle politiche sociali”.

C’è il rischio di un veto da parte del Parlamento europeo sulla proposta della Commissione europea?

“Siamo in un momento decisivo: non solo per rispondere alla crisi del coronavirus, ma anche per determinare il futuro dell’Europa. Se l’UE fallisce nella sua missione di rispondere alla crisi economica più grave dalla creazione del progetto europei, allora infrangeremo le speranze e le aspettative di molti cittadini europei. Pertanto, il nostro gruppo politico è pronto a dire no a una proposta che non soddisfi queste esigenze”.

Abbiamo visto una dura opposizione dei quattro frugali all’idea di un finanziamento a fondo perduto… è segno che le divisioni in Europa sono ormai insanabili anche davanti a una emergenza come quella da Covid-19?

“Stiamo parlando di una questione essenziale: in questa crisi o ne usciamo insieme oppure l’UE non esce affatto. Questo è un messaggio per alcuni governi europei nazionali dovrebbero comprendere alla perfezione. Non è solo una questione di solidarietà, è una questione di come poter sopravvivere e rendere sostenibile il mercato interno e la stessa esistenza della zona euro”.

Quale lezione ha imparato l’UE da questa crisi?

Innanzitutto che deve essere più forte, che è necessaria una maggiore coordinazione in tema di politiche sanitarie e poi l’importanza del servizio publico, sia sanitario che di attenzione al cittadino. Per questo non possiamo affrontare la crisi con dei nuovi tagli.

C’è qualcosa che l’Unione europea avrebbe dovuto fare meglio per proteggere la salute dei cittadini europei?

Tutto è migliorabile e si, l’Europa avrebbe potuto fare di più, così come lo avrebbero potuto fare i governi nazionali. Ci siamo però ritrovati in una situazione fuori dal nostro controllo e si è cercato di fare il massimo. Certamente le istituzioni europee hanno tardato a reagire, però in seguito sono state prese decisioni importanti, come la mobilizzazione di 37 miliardi di euro per le politiche di coesione affinché gli stati potessero usarli come meglio credevano, ad adempio per comprare mascherine o tutelare i lavoratori. Si sta facendo molto anche sul fronte della ricerca scientifica coordinata per trovare un vaccino. Gli errori che sono stati commessi probabilmente sono per lo più di comunicazione, forse non abbiamo saputo comunicare bene quello che stavamo facendo e forse dovremmo fare questo esercizio di autocritica.

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