Uk, detenuti deportati in Giamaica: violati i diritti umani?

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Diritti d'autore AFP
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Di Rachael Kennedy
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É decollato ieri il primo volo britannico che ha deportato in Giamaica 17 detenuti. Una decisione del governo Johnson che ha suscitato dure reazioni da parte delle opposizioni e delle associazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani.

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É decollato ieri il primo volo britannico che ha deportato in Giamaica 17 detenuti. Una decisione del governo Johnson che ha suscitato dure reazioni da parte delle opposizioni e delle associazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani.

Avrebbero dovuto essere oltre 50 le persone a bordo del volo, ma un'ordinanza del tribunale ha bloccato l'esecuzione dell'ordine per assenza di sufficienti tutele legali per molti di loro. I carcerati non avevano infatti avuto modo di chiamare i propri avvocati a causa di un'interruzione del servizio di rete.

Dopo la partenza del volo, dei manifestanti si sono radunati al di fuori del numero 10 di Downing Street, residenza del Primo Ministro, chiedendo a Johnson di rispettare i diritti umani dei detenuti.

Il caso ha lacerato l'opinione pubblica britannica, con opinioni opposte non solo a livello politico, ma anche tra gli esperti di diritto e gli attivisti.

La posizione del governo: "Sono criminali che si sono macchiati di reati gravi"

Il governo britannico sostiene di aver avuto tutto il diritto di effettuare la deportazione - termine evocato dalla ministra ombra laburista Diane Abbott - in quanto tutte le persone coinvolte erano di origine straniera ed erano state condannate per crimini gravi.

Ad inizio settimana, il ministro degli Interni Priti Patel ha specificato che le persone presenti sul volo avevano ricevuto una pena detentiva "superiore o uguale a 12 mesi" per crimini come stupro (2), violenze (3) o droga (8), rapine e possesso di armi da fuoco (3), furto con scasso (1).

Johnson e Patel uno accanto all'altro, nel luglio 2019 - APKirsty Wigglesworth

Il governo sostiene inoltre di aver agito entro il mandato garantito dall'UK Borders Act, introdotto dal governo laburista guidato dall'opposizione nel 2007.

La posione degli attivisti per i diritti umani: "Hanno già scontato la loro pena"

Molti di coloro che sono stati deportati sono arrivati nel Regno Unito bambini e, pertanto, non avevano più nessun legame con la Giamaica. Alcuni avevano inoltre già scontato la pena detentiva per i crimini commessi: la deportazione potrebbe sommarsi e configurarsi come una "seconda punizione", una "doppia condanna", come l'ha definita la laburista Diane Abbott.

In una lettera firmata da più di 170 parlamentari, al governo è stato chiesto di sospedere il volo fino a quando l'esecutivo non avesse potuto confermare la sicurezza delle persone a bordo. Invano.

Il caso Reshawn Davis

Esaminando i casi specifici di coloro che sono saliti a bordo del volo di rimpatrio, si è scoperto che alcuni dei detenuti non avevano mai compiuto alcun crimine prima di quello per cui sono stati condannati, parecchi anni prima.

Reshawn Davis, ad esempio, era arrivato in Giamaica nel 2001, quando aveva 11 anni, e aveva un visto permanente per rimanere nel Paese. È stato condannato nel 2010 - all'età di 19 anni - per due capi di imputazione, uno di questi: il furto di due cellulari. Ora Davis ha 30 anni e non è mai stato recidivo. Da allora ha trovato lavoro e ha allenato squadre di calcio locali, si è sposato e ha un figlio di sei mesi. La sua storia è stata raccontata dal deputato locale, Dawn Butler.

Butler, che ha scritto una lettera a Patel per illustrare il caso del padre di famiglia Davis, ha definito la decisione di espellerlo "del tutto sproporzionata". Una decisione che ha "tragicamente fatto a pezzi" una famiglia. Il parlamentare ha aggiunto che il caso di Davis non rientra nella narrativa del Ministero degli Interni, ovvero quella secondo la quale ad essere deportati sono stati "criminali incalliti".

I media britannici hanno scritto di altre simili storie: persone arrivate nel Regno Unito appena cinque anni fa e ora deportate al primo reato, come il possesso di droga.

L'eco dello scandalo Windrush

Ad alimentare le polemiche è pure il ricordo dello scandalo della cosiddetta Windrush Generation, a cui in anni recenti i governi conservatori avevano negato diritti acquisiti da decenni a causa di documenti mancanti o banali disguidi burocratici, salvo essere costretti a far marcia indietro e a scusarsi in seguito alle denunce pubbliche. Alcuni degli immigrati sono stati espulsi dal Regno Unito.

Il nome Windrush viene dalla nave MV Empire Windrush, che aveva portato un'intera generazione di giamaicani nel Regno Unito dopo la seconda Guerra mondiale per sopperire alla carenza di manodopera.

Martedì, il deputato laburista David Lammy ha affermato: "Il governo sta deportando persone che sono arrivate nel Regno Unito quando avevano appena due anni, spesso per un solo reato legato al possesso di droga. Non abbiamo imparato nulla da Windrush. Abbiamo rovinato delle vite perché non ricordiamo più la nostra storia".

Alcuni dei giamaicani partiti per la Gran Bretagna a bordo della Empire Windrush - AP

Lo scandalo Windrush è stato evocato in questi mesi come potenziale precedente allarmante per il futuro della promessa tutela dei diritti post Brexit dei cittadini di Paesi Ue già residenti nel Regno.

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E ora?

Il Ministero degli Interni ha detto che non si scuserà in alcun modo per l'espulsione dei 17 "criminali stranieri". In totale, ha aggiunto, le pene detentive superavano i 75 anni e, in un caso, includevano l'ergastolo. "Perseguiremo con urgenza l'espulsione di coloro che non hanno potuto salire a bordo del volo a causa di un'impugnazione legale per il guasto della rete mobile", si legge nella dichiarazione dell'Home Office.

Toufique Hossain, esperto di diritto pubblico e diritto dell'immigrazione per Duncan Lewis Solicitors, ha detto a Euronews che lo studio ha richiesto l'immediato rilascio di coloro che non sono stati deportati martedì. "[Il governo] ha già dichiarato, nel corso dei lavori parlamentari, che non potrà essere programmato un altro volo charter per un certo periodo di tempo".

Lo studio legale, che rappresenta molti dei soggetti a rischio deportazione, ritiene "riprovevole che sia stato necessario ricorrere ancora una volta alla Corte d'appello, all'ultimo minuto, per garantire il rispetto dei diritti umani da parte del governo". Hossain ha confermato che gli sforzi legali contro questa pratica non finiscono qui.

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