Il presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida: Non esiste un diritto a morire, per questo ci vuole una normativa organica su una materia estremamente delicata
La Corte costituzionale italiana torna a riunirsi per discutere di suicidio assistito.
A quasi un anno dal rinvio, il 24 ottobre 2018, i giudici dovrebbero esprimersi, salvo ulteriori rinvii, sul caso Cappato-Dj Fabo, per una 'prospettata incostituzionalità' dell'articolo del codice penale che equipara l'istigazione al suicidio a qualunque altra forma di assistenza a chi decide di togliersi la vita.
Nell'ottobre scorso i giudici avevano anticipato che la norma, così come è, non è compatibile con i diritti alla dignità della persona garantiti dalla Costituzione.
L'Alta Corte aveva pertanto deciso di ridare la parola al parlamento auspicando un intervento organico su una materia così delicata.
In un anno di tempo dal Parlamento invece non solo non è arrivata la riforma sollecitata dai giudici costituzionali ma non è stato caledarizzato l'esame dei disegni di legge giacenti tra Camera e Senato.
Alla pronuncia della legge è legato il destino di Marco Cappato, che rischia una condanna per aver aiutato Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, a morire in una clinica svizzera.
Che cosa dobbiamo attenderci dalla Consulta? Possiamo dire che la sua pronuncia colmerà un gap normativo? Ha il parlamento italiano perso un'altra occasione per dotare il Paese di una normativa su una materia che ha molte implicazioni etiche e morali?
Euronews ha sentito il presidente emerito della Corte costituzionale, Valerio Onida. Nel video qui sopra il suo intervento integrale.