In Romania sono scoppiate proteste da parte della comunità LGBT in seguito all'approvazione da parte del Senato di un referendum per cambiare la Costituzione in modo da rendere più difficili i matrimoni gay
Proteste in Romania dopo la decisione del Senato di appoggiare le richieste di un referendum che potrebbe rendere più difficile la legalizzazione dei matrimoni gay.
I senatori hanno infatti supportato un'iniziativa cittadina per cambiare la definizione della famiglia nella costituzione del paese.
Coalitia pentru Familie, un'associazione di ong volta a preservare la famiglia tradizionale, ha raccolto tre milioni di firme nel 2016.
La loro petizione chiedeva un voto a livello nazionale per cambiare la definizione di unione esistente tra i "coniugi", neutrale dal punto di vista del genere, a una definizione più stretta rigorosamente tra "un uomo e una donna".
I senatori hanno appoggiato martedì la richiesta referendaria con 107 voti contro 13 e la proposta passerà ora alla Corte Costituzionale rumena. Se otterrà il via libera, si voterà domenica 7 ottobre.
Vlad Viski, direttore esecutivo del gruppo Lgbt MozaiQ, ha detto: "La comunità Lgbt in Romania e implicitamente MozaiQ considera immorale il referendum per vietare i matrimoni gay".
"Il tentativo di cambiare la Costituzione rumena muove la Romania in una direzione illiberale e ha legami diretti con la destra religiosa americana che sta cercando di diffondere le sue politiche basate sull'odio in tutta l'Europa orientale, come ha già fatto in Croazia e Slovacchia, dove si sono svolti simili referendum nel 2013 e 2015".
"Non approveremo questo referendum attraverso la nostra presenza e raccomanderemo alle persone di non votare. Questo referendum porta solo ad una maggiore emarginazione e discriminazione contro la comunità Lgbt".
"I matrimoni omosessuali o le unioni civili sono già illegali in Romania e il referendum è un tentativo di garantire che ciò non cambi."
Questo giunge dopo un'ondata di legalizzazione dei matrimoni omosessuali in vari paesi europei dall'inizio degli anni 2000.
A giugno, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che gli stati membri che non hanno legalizzato il matrimonio omosessuale devono comunque offrire ai coniugi dello stesso sesso diritti di residenza uguali a quelli delle coppie eterosessuali.