Venezuela, la mappa dell'esodo: dove si scappa "per sopravvivere"
Diritti d'autore REUTERS/Douglas Juarez
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Venezuela, la mappa dell'esodo: dove si scappa "per sopravvivere"

Di Cristina Abellan Matamoros
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L’esodo cominciato in Venezuela nel 2014 è uno dei più grandi spostamenti di massa nella storia dell’America Latina, spiega Luisa Feline Freier, professoressa di Scienze politiche. La mappa di tutti gli spostamenti continentali dei venezuelani in fuga

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Il Venezuela è afflitto da una crisi economica fin dal 2014. Dovendo far fronte all’iperinflazione e alla carenza di cibo e di medicine, molti venezuelani hanno deciso di lasciare il Paese in aereo, in barca o anche a piedi. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite (Oim) circa 2.3 milioni di venezuelani hanno lasciato il loro Paese. Di questi, oltre un milione e mezzo vivono in altri Paesi sudamericani.

"La crisi in Venezuela è simile a quella nel Mediterraneo"

Si prevede che il numero aumenterà. “È probabile che la cifra sia più alta perchè la maggior parte delle fonti sui dati non tengono conto dei venezuelani che hanno attraversato i confini informalmente e che hanno uno status irregolare”, mette in guardia l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

L’esodo cominciato in Venezuela nel 2014 è uno dei più grandi spostamenti di massa nella storia dell’America Latina, spiega Luisa Feline Freier, professoressa di scienze politiche e sociali presso l’Università del Pacifico in Perù.

“In termini di quantità, è comparabile all’esodo siriano e c’è la possibilità che quello venezuelano lo superi”, aggiunge.

Secondo gli ultimi dati ci sono oltre 5 milioni di rifugiati siriani registrati dall’Unhcr in Turchia, Libano, Giordania, Iraq, Egitto e Nordafrica.

Sally Nicholls per Euronews

“Le persone scappano per sopravvivere”

A differenza dei siriani, i venezuelani non lasciano il loro Paese a causa di un conflitto armato. “Ho intervistato alcuni migranti un paio di mesi fa. Hanno spiegato di non aver mangiato nulla eccetto amido e acqua, perché non potevano permettersi di comprare del riso”, spiega Freier. “Quello che sta accadendo in Venezuela è una crisi umanitaria oltre ogni immaginazione. Le persone scappano per sopravvivere”.

Dato che l’iperinflazione toglie valore alla moneta locale, spiega Freier, le persone sono costrette a vendere tutto per poter comprare un biglietto del bus per lasciare il Paese.

“Un biglietto del bus per il Perù costa circa 130 dollari, quindi le persone vendono tutto per acquistarlo. Sappiamo che chi non può permetterselo ha cominciato ad andare a piedi in Perù”, racconta la professoressa.

Dove vanno i migranti venezuelani?

Mentre negli anni precedenti gli Stati Uniti erano una destinazione popolare, la maggior parte dei venezuelani adesso sta migrando nei Paesi vicini, secondo i dati raccolti dall’Oim.

La Colombia ha ricevuto il maggior numero di migranti provenienti dal Venezuela. Secondo l’Oim circa 870mila venezuelani si trovavano nel Paese nel luglio del 2018.

Negli anni più recenti, tuttavia, i migranti hanno continuato a scendere verso sud verso altri Paesi della regione: Perù, Cile, Argentina, Brasile ed Ecuador le mete dove sono arrivati più venezuelani.

In America Centrale è Panama il Paese che ha ricevuto la maggior parte dei migranti, secondo i dati del 2017.

Chi aveva mezzi finanziari migliori è fuggito verso destinazioni più lontane, come gli Stati Uniti e la Spagna.

Dai dati dell’Oim emerge che nel 2017 in Spagna c’erano oltre 208mila venezuelani. Nel 2016 erano 290mila negli Stati Uniti.

Domande di asilo da parte dei Venezuelani

Nel 2018 i venezuelani hanno depositato oltre 117mila richieste di asilo, un numero in crescita rispetto al 2017, secondo i dati dell’Unhcr.

REUTERS/Douglas Juarez

Il governo del Perù nel giugno del 2018 ha ricevuto oltre 126mila richieste di asilo, il numero più alto registrato quest’anno. Seguono gli Stati Uniti con oltre 72mila richieste e il Brasile con circa 32mila.

Altre forme di soggiorno legali

Alcuni Paesi della regione hanno altri strumenti oltre all’asilo per i venezuelani che risiedono per un lungo periodo (uno o due anni) con accesso ai servizi sociali, che includono i permessi di residenza temporanei e visti lavorativi. Secondo l’Unhcr, è stata la Colombia a consegnare la maggior parte dei permessi di residenza legali ai Venezuelani (181.472) nel 2018, seguita dall’Ecuador (83.435) e dall’Argentina (77.936).

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"La migrazione di massa dal Venezuela sta creando tensioni nella regione"

Secondo la professoressa Freier, la Colombia deve affrontare una seria “sfida infrastrutturale”, a causa del gran numero di Venezuelani che attraversano il confine ogni giorno.

“Immaginate un milione di migranti in Colombia, un Paese di poco più di 49 milioni di abitanti – paragonato a un milione di migranti in Germania (che ha una popolazione di circa 82 milioni di persone)".

“Per la Colombia, un Paese che ha meno mezzi della Germania, affrontere una crisi simile è una grande sfida”.

Carlos Eduardo Ramirez/File Photo

A causa dell’afflusso di massa molti Paesi hanno inasprito le loro politiche migratorie. Colombia, Ecuador e Perù hanno cominciato recentemente a chiedere i passaporti durante i controlli ai confini. Questo, tuttavia, rappresenta una sfida impossibile per i venezuelani, secondo Freier, a causa della corruzione e della mancanza di carta.

Porte in faccia ai venezuelani

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“Ottenere un passaporto puòrichiedere mesi se non anni”

All’inizio del mese, l’Ecuador ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del numero straordinariamente alto di venezuelani che attraversano il confine settentrionale con la Colombia.

Secondo Freier con l’aumento dei migranti venezuelani, cresce anche l’atteggiamento xenofobo, fornendo una base agli attori politici conservatori che fanno discorsi contro l’immigrazione simili a quelli europei.

“Molti venezuelani mi hanno spiegato che hanno deciso di recarsi in Perù perché le discriminazioni in Colombia ed Ecuador erano molto gravi. Molti raccontano che in Ecuador si stava bene, poi sono arrivati troppi venezuelani e l’opinione pubblica è cambiata. In Perù si sentivano benvenuti fino all’ultima ondata xenofoba”, ha detto, aggiungendo che c’è un vero bisogno di politiche di integrazione.

La risposta internazionale?

Freier sostiene che la comunità internazionale non stia facendo abbastanza per aiutare I venezuelani in esilio. “Per molto tempo c’è stata una mancanza di interesse per l’argomento. Solo recentemente molti media hanno cominciato a parlarne e hanno cosi diffuso consapevolezza”.

“Penso che debba essere fatto di più per l’assistenza diretta ai migranti, anche in termini di sviluppo di politiche di integrazione e di una risposta regionale”, aggiunge la professoressa.

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Mentre gli esperti e le Nazioni Unite spiegano che l’esodo venezuelano sta diventando una crisi simile a quella che coinvolge il Mediterraneo, rappresentanti di Colombia, Ecuador e Peru si sono incontrati a Bogotà per cercare una soluzione alla crisi.

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