USA - Russia: la saga degli hacker

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2 gennaio 2016, 35 diplomatici russi e le loro famiglie atterrano a Mosca.

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2 gennaio 2016, 35 diplomatici russi e le loro famiglie atterrano a Mosca. Espulsi dagli Stati Uniti per ordine del presidente Barack Obama che li considera realmente come delle spie. Si tratta della rappresaglia per la presunta ingerenza della Russia nella campagna elettorale statunitense. Un’ingerenza a favore di Donald Trump e a discredito di Hillary Clinton. La candidata democratica l’aveva denunciato invano nel settembre 2016.

“Sono davvero preoccupata – aveva detto in campagna elettorale – riguardo a questi resoconti credibili. Riguardo l’interferenza del governo russo nelle nostre elezioni. Il fatto che la nostra intelligence la stia studiando e la stia prendendo seriamente in considerazione fa sorgere alcune gravi domande in merito alle potenziali interferenze russe con il nostro processo elettorale”.

In ottobre era già palese per le agenzie di intelligence statunitensi che degli hacker russi avevano piratato le email del partito democratico e trasmesso queste stesse email a Wikileaks che poi le ha pubblicate.

Il presidente russo Vladimir Putin ha risposto a queste accuse negando ogni tipo di coinvolgimento del suo Paese nella vicenda e addirittura prendendo in giro gli Stati Uniti.

“C‘è qualcuno – aveva dichiarato – che pensa seriamente che la Russia sia in grado di influenzare in un modo o nell’altro la scelta degli americani? Gli Stati Uniti non sono una repubblica delle banane, giusto?”

Negli Stati Uniti intanto l’inchiesta prosegue e, in gennaio, davanti al comitato delle forze armate del Senato, James Clapper, allora direttore dell’intelligence nazionale conferma: “La Russia ha chiaramente assunto un atteggiamento ancora più aggressivo, aumentando le operazioni di cyber spionaggio, facendo filtrare dati da queste operazioni e avendo nel mirino sistemi infrastrutturali critici”.

Il 13 febbraio cade la prima testa: il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump,
Michael Flynn, deve dimettersi dopo che vengono rivelati i suoi colloqui con l’ambasciatore russo a Washington sulla revoca delle sanzioni, quando Obama era ancora presidente. Flynn ne aveva nascosto l’esatto contenuto, perfino nei suoi rapporti all’attuale vice presidente Mike Pence.

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