Il premier turco presenta un piano per sicurezza e ricostruzione, ma ribadisce il pugno di ferro: "Utilizzeremo ogni mezzo per fermare ISIL e ribelli curdi"
“Nessun negoziato diretto finché il PKK non deporrà le armi, ma un tavolo con la società civile e un piano per la messa in sicurezza e la ricostruzione delle aree colpite dall’offensiva di Ankara contro i ribelli curdi”.
Dalla città sud-orientale di Mardin, il premier turco Ahmet Davutoglu brandisce bastone e carota, promettendo aiuti e ascolto alla popolazione, ma ribadendo anche il pugno di ferro del governo turco.
Davutoğlu announces 10-point action plan in fight against terrorism https://t.co/Jd6w7TKIf8pic.twitter.com/pjYQeF5m9p
— Today's Zaman (@todayszamancom) 5 Febbraio 2016
“Ristabiliremo l’ordine – ha detto Davutoglu -. E chiunque minaccerà di turbarlo, qualsiasi sia la sua motivazione, sarà fermato con ogni mezzo a nostra disposizione. Che si tratti del sedicente Stato Islamico, che cavalca i sentimenti dei sunniti conservatori; che si tratti dell’organizzazione separatista e terrorista del PKK o ancora dei curdi e del partito clandestino ‘Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo’, che strumentalizza le componenti alawite”.
“Dialogheremo con tutti, tranne con chi imbraccia le armi” – ha poi aggiunto il primo ministro turco, riferendosi al PKK, considerato un’organizzazione terrorista da Stati Uniti e Unione Europea. Il suo piano si propone fra l’altro di frenare l’esodo dalle città del sud-est in cui infuriano gli scontri, con una serie di incentivi ad agricoltori e popolazione.