Aung San Suu Kyi dal carcere al Parlamento: vita e battaglie di un Nobel per la Pace

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Di Euronews
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Quando Aung San Suu Kyi ritira il Nobel per la Pace, nel giugno del 2012, sono già passati quasi 11 anni dal momento in cui le era stato assegnato

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Quando Aung San Suu Kyi ritira il Nobel per la Pace, nel giugno del 2012, sono già passati quasi 11 anni dal momento in cui le era stato assegnato. Anni che ha in buona parte trascorso agli arresti domiciliari.

“Quando mi guardate e mi ascoltate, per favore non dimenticate una verità già più volte ripetuta – l’appello lanciato da Aung San Suu Kyi al momento di ritirare il Nobel -: anche un solo prigioniero di coscienza è già uno di troppo”.

Nel ’91 sono il marito e i figli a ritirare il Premio, che il Comitato del Nobel le ha assegnato “per la sua lotta non violenta per democrazia e diritti umani”.

Di ritorno in patria tre anni prima, dopo gli studi all’estero, Aung Suu Kyi fonda la Lega Nazionale per la Democrazia e viene arrestata una prima volta nel 1989. Proprio in quei mesi si moltiplicano le proteste contro il regime di Ne Win, ma la giunta militare reprime ogni contestazione.

Alle elezioni del 1990 il partito fondato da Aung San Su Kyi ottiene la maggioranza assoluta. I militari non riconoscono però il risultato e impediscono al Parlamento di riunirsi. Quattro anni dopo, la stretta di mano con il generale Than Shwe, che guida la giunta militare al potere dal colpo di stato del ’62, è il primo segnale di disgelo. Di lì a poco, la sua liberazione si trasforma in bagno di folla. In molti vedono in lei l’erede del padre Aung San: rivoluzionario assassinato pochi mesi dopo aver portato il Paese all’indipendenza.

Il marito Micheal muore nel ’99 nel Regno Unito. Lei però non c‘è, perché ha scelto di battersi per i birmani: anche se spesso ai domiciliari, preferisce restare nel suo Paese e teme che se andasse all’estero le verrebbe impedito il rientro.

La folla di sostenitori – e polizia – che accerchia la sua abitazione, conferma la statura che Aung San Suu Kyi ha ormai raggiunto: quella di nemico pubblico dell’ex generale Thein Sein e del suo partito, che nel 2010 vince le elezioni, boicottate dalla Lega Nazionale per la Democrazia.

La libertà arriva poi una volta per tutte neanche una settimana dopo. Dei 21 anni passati dal suo primo arresto, Aung Suu Kyi ne ha trascorsi circa 15 ai domiciliari.Un gesto a cui l’anno dopo segue la formale autodissoluzione della giunta militare, proclamata dal presidente Thein Sein.

Il successivo bagno di folla ha un sapore diverso: quello della vittoria alle elezioni parziali conquistata dalla Lega Nazionale per la Democrazia nel duemiladodici, che apre ad Aung San Suu Kyi le porte del Parlamento.

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