Se la mafia grida il proprio potere con una dimostrazione di potenza senza precedenti, la politica tace in Italia, all’indomani dei funerali in pompa
Se la mafia grida il proprio potere con una dimostrazione di potenza senza precedenti, la politica tace in Italia, all’indomani dei funerali in pompa magna di Vittorio Casamonica, membro di spicco del clan omonimo. Al momento a pagare è stato solo l’elicotterista che aveva sparso petali di rose sul corteo funebre. Rumoroso il silenzio delle istituzioni, della curia, del governo.
Il defunto sui manifesti vestito come il Papa, la banda musicale che ha suonato la colonna sonora del “Padrino” e la bara trasportata da un cocchio con sei cavalli neri. Questi sono fatti tradizionali secondo un membro della famiglia Casamonica: “Si tratta della nostra religione. I funerali rom sono così. Voleva i cavalli e gli abbiamo trovato i cavalli”.
Giancarlo Manieri, il parroco della chiesa don Bosco, accusato di ignavia per non aver impedito lo svolgersi della cerimonia però, non ci sta a passare per l’unico colpevole e respinge le accuse al mittente: “Cinquecento persone che stavano lì – dei Casamonica – Lei li avrebbe fermati? Se questo era il boss, se questo ha fatto questo e quest’altro e quest’altro come mi avete detto, si può sapere perché era a piede libero?”
Derubricare questo funerale a un semplice evento di malcostume è sbagliato. Secondo gli esperti di criminalità organizzata si è trattato di un messaggio chiaro alla città da parte del clan di origine sinti che ha colonizzato una parte di Roma negli anni ’70 spingendosi poi fino al litorale. A pochi mesi dall’esplosione dello scandalo di “mafia capitale” che ha smantellato un capillare sistema di corruzione. I padroni di Roma non sono cambiati e la città eterna è cosa loro.