"Grexit", basta la parola. L'euro crolla e la Germania si frega le mani

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Di Euronews
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Bruxelles dice no, Berlino smentisce a metà, ma basta l’ipotesi di un nulla osta della Merkel a un’uscita della Grecia dalla zona euro per

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Bruxelles dice no, Berlino smentisce a metà, ma basta l’ipotesi di un nulla osta della Merkel a un’uscita della Grecia dalla zona euro per precipitare la moneta unica a minimi che fanno comodo alla Germania.

I mercati tremano, gli analisti si fasciano la testa e agitano lo spettro di una spirale ribassista destinata a proseguire ancora nel 2015, ma la svalutazione dell’euro sul dollaro schiude anche rosee prospettive per le casse tedesche.

“I paesi esportatori hanno sicuramente di che gioire / spiega Fidel Peter Helmer della banca Hauck & Aufhaüser – perché l’euro debole rende i loro beni più economici ed appetibili all’estero”.

Se il trend fa già ipotizzare un 2015 all’insegna di un incremento delle esportazioni intorno al 4%, la Germania ha assistito però negli ultimi anni a una continua erosione delle proprie quote sul mercato mondiale.

Vista la frenata ai cruciali scambi con la Russia, prodotta dalle sanzioni internazionali, auspicio di molti è che il calo dell’euro possa rilanciare il “Made in Germany” e portare una boccata d’aria soprattutto dal fertile mercato americano.

Ad alleggerire la zavorra e far decollare le esportazioni potrebbe anche contribuire il drastico calo del petrolio. Fenomeno in cui, grazie ai ribassi alla pompa, Berlino ripone anche la speranza di un rilancio dei consumi.

“La combinazione di un euro debole e di più bassi prezzi del petrolio dà una spinta considerevole all’economia – dice Jörg Krämer, capo economista di Commerzbank AG -. Uno scenario che ci fa prevedere di poter superare la stagnazione dell’economia tedesca dei primi sei mesi dell’anno. E ora la crescita dovrebbe riprendere lentamente vigore”.

Ulteriore elemento congiunturale, l’aumento dell’onerosità dell’import che il calo dell’euro promette di portare con sé: sulla carta un balsamo contro la febbre da deflazione dell’eurozona, ma anche un appiglio a cui la Germania affida le sue speranze di un dietrofront della BCE sul quantitative easing.

Se nei ribassi dei prezzi Francoforte vede lo spauracchio di uno scenario alla giapponese – con un congelamento dei consumi in attesa di ulteriori cali -, Berlino teme ancora di più un acquisto di titoli di Stato, che giudica troppo caro e rischioso.

Il rompicapo ellenico costringe però la corazzata di Angela Merkel anche a un esercizio di realismo: se nell’immediato la Germania sta beneficiando della congiuntura, un addio di Atene alla zona euro ricorderebbe con prepotenza a Berlino la sua enorme esposizione al debito greco.

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