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Eredità Agnelli, il gip ordina l’imputazione coatta di John Elkann

John Elkann
John Elkann Diritti d'autore  Salvatore Di Nolfi/' KEYSTONE / SALVATORE DI NOLFI
Diritti d'autore Salvatore Di Nolfi/' KEYSTONE / SALVATORE DI NOLFI
Di Stefania De Michele
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Il gip di Torino dispone l’imputazione coatta per John Elkann nel procedimento sull’eredità di Marella Caracciolo Agnelli. Archiviazione per Lapo e Ginevra Elkann

Il nome di John Elkann torna alla ribalta per via dell’inchiesta sull’eredità di sua nonna Marella Caracciolo Agnelli, che si riteneva risolta sulla base di un accordo tra accusa e difesa per l'affidamento ai servizi sociali del presidente di Stellantis.

Il giudice per le indagini preliminari (gip), Antonio Borretta, ha imposto lunedì alla Procura di Torino l’imputazione coatta per le accuse di truffa ai danni dello Stato e dichiarazione infedele, una decisione che potrebbe incidere in modo rilevante sulla sua posizione.

Diversa la valutazione per i fratelli Lapo e Ginevra Elkann e per il notaio Urs von Grueningen, per i quali è stata invece disposta l’archiviazione.

Cosa significa imputazione coatta

L’imputazione coatta è uno strumento previsto dal codice di procedura penale che consente al giudice di imporre alla Procura di formulare un’accusa formale, quando ritiene non condivisibile una richiesta di archiviazione.

In questo caso, il gip ha ritenuto che per due annualità fiscali vi siano elementi sufficienti per andare a processo, limitatamente al reato di dichiarazione infedele, contestato in concorso a John Elkann e al suo commercialista Gianluca Ferrero.

Per altri soggetti coinvolti - i fratelli e il notaio svizzero che ha redatto il testamento di Marella Caracciolo - il giudice ha invece escluso profili penalmente rilevanti.

Il cuore della disputa: residenza, patrimonio e imposte

Il nodo centrale dell’inchiesta riguarda la residenza fiscale di Marella Caracciolo negli ultimi anni di vita e, di conseguenza, il trattamento tributario dell’ingente patrimonio ereditario.

Secondo l’accusa, parte dei beni sarebbe stata sottratta al fisco italiano attraverso una rappresentazione non corretta della residenza all’estero e della struttura patrimoniale, con particolare riferimento a trust e asset detenuti in Svizzera.

In base alla ricostruzione dell’Agenzia delle Entrate, l’eredità avrebbe dovuto essere assoggettata a un carico fiscale più elevato in Italia. Da qui le ipotesi di truffa ai danni dello Stato e violazioni tributarie, poi in parte definite sul piano amministrativo.

L’accordo fiscale e la messa alla prova

Sul fronte tributario, la partita principale è già stata chiusa. Lo scorso luglio è stato infatti estinto il debito con l’Erario, attraverso il versamento di 183 milioni di euro che ha aperto la strada alla richiesta di messa in prova ai servizi sociali (in una scuola di religiosi salesiani) per John Elkann.

Una misura che consente di sospendere il procedimento penale svolgendo attività socialmente utili, con l’estinzione del reato in caso di esito positivo.

Tuttavia, l’avvio formale della messa alla prova è stato rinviato dal giudice, che si pronuncerà solo a febbraio. Una scelta definita tecnica dai difensori, ma che si inserisce in un quadro giudiziario tutt’altro che lineare.

Le prossime tappe giudiziarie

La posizione di Gianluca Ferrero, avvocato della famiglie e presidente della Juventus, co-indagato per i profili fiscali, segue un binario parallelo: per lui è in valutazione una richiesta di patteggiamento, su cui il giudice deciderà a gennaio.

Nel frattempo, l’imputazione coatta obbligherà la Procura a riformulare l’accusa per i due capi residui, prolungando un procedimento che ha già superato la fase più delicata dal punto di vista economico, ma che resta sensibile sotto il profilo penale e reputazionale.

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