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Terapia genica restituisce la vista a un 38enne con sindrome di Usher: primo caso al mondo a Napoli

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Laboratorio di ricerca Diritti d'autore  Antonio Calanni/Copyright 2019 The AP. All rights reserved
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Di Euronews
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Un paziente affetto da sindrome di Usher 1B riacquista la vista grazie a una terapia genica sperimentale. Primo successo clinico mondiale all’Università Vanvitelli di Napoli

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Per la prima volta al mondo, un uomo di 38 anni affetto da sindrome di Usher di tipo 1B ha riacquistato la vista grazie a una terapia genica sperimentale. L’intervento, eseguito presso la Clinica oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, rappresenta un successo scientifico e clinico senza precedenti.

La sindrome di Usher 1B è una rara malattia genetica che provoca sordità profonda fin dalla nascita e una progressiva perdita della vista, fino alla cecità. Un anno dopo l’intervento, realizzato a luglio 2024, il paziente ha recuperato la vista da vicino e da lontano, anche in condizioni di scarsa luminosità.

"Prima tutto era confuso, indistinto. Ora riesco a uscire la sera da solo, riconosco i colleghi, leggo i sottotitoli in TV da lontano, vedo le corsie del magazzino dove lavoro senza inciampare. Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere", racconta il 38enne, che ha accettato di essere il primo a ricevere questa terapia.

L’intervento segna la prima dimostrazione clinica dell’efficacia della nuova terapia genica messa a punto dai ricercatori dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli. Lo stesso approccio è stato applicato tra ottobre 2024 e aprile 2025 ad altri sette pazienti, confermandone sicurezza e tollerabilità. A breve, altri sette pazienti entreranno nel programma.

Il paziente, prima dell’intervento, aveva una capacità visiva inferiore a un decimo: vedeva il mondo come se lo osservasse da un buco della serratura. Oggi percepisce anche i contorni del campo visivo. “Non è più ipovedente”, hanno sottolineato i medici durante la conferenza stampa tenutasi nel rettorato dell’Ateneo.

In cosa consiste l'intervento

L’intervento consiste nell’iniezione sotto la retina di due vettori virali distinti, ciascuno dei quali trasporta metà del gene necessario per produrre la proteina assente nei pazienti con Usher 1B. “L’operazione avviene in anestesia generale, ma il recupero è rapido”, spiega la professoressa Francesca Simonelli, ordinaria di Oftalmologia, direttrice della Clinica oculistica e responsabile del Centro di terapie avanzate oculari della Vanvitelli.

"Già dopo pochi giorni si nota un miglioramento. A due settimane, il primo paziente vedeva meglio e a un mese riusciva a orientarsi anche al buio. Oggi, a distanza di un anno, la vista gli è stata restituita", ha dichiarato Simonelli.

La casistica

I primi sette pazienti trattati dopo il 38enne hanno risposto positivamente, senza effetti collaterali significativi. I risultati preliminari sono incoraggianti e verranno seguiti da una seconda fase sperimentale. La terapia potrebbe diventare una nuova opzione per molti pazienti affetti da distrofie retiniche ereditarie.

«Questo è solo l’inizio», ha detto il team clinico. L’approccio adottato, sviluppato nei laboratori Tigem, rappresenta una nuova frontiera per le patologie genetiche oculari. Grazie a una collaborazione tra ricerca preclinica e clinica, ciò che fino a pochi anni fa sembrava impossibile è oggi una realtà tangibile.

"Ho accettato di essere il primo paziente non solo per me, ma per tutti quelli che vivono le mie stesse difficoltà", ha raccontato il protagonista, che oggi guarda il futuro con occhi nuovi. Letteralmente.

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