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Meta patteggia con Trump: 24 milioni di euro per chiudere causa

L'amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha lavorato per ricucire i rapporti con Donald Trump, risolvendo anche una causa per la sospensione degli account di Trump.
L'amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha lavorato per ricucire i rapporti con Donald Trump, risolvendo anche una causa per la sospensione degli account di Trump. Diritti d'autore  Associated Press/Alex Brandon/David Zalubowski
Diritti d'autore Associated Press/Alex Brandon/David Zalubowski
Di Euronews with AP
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All'indomani dell'assalto di Capitol Hill, Donald Trump aveva fatto causa alla società Meta di Menlo Park. L'accordo finanzierà una biblioteca presidenziale dedicata a Trump

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Meta ha accettato di pagare 25 milioni di dollari per risolvere una controversia legale con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Il tycoon aveva querelato la società fondata da Mark Zuckerberg per la sospensione dei suoi account in seguito all'assalto di Capitol Hill.

È l'ennesima apertura del mondo dei big tech al nuovo presidente, che ha minacciato ritorsioni contro i suoi critici e rivali. In questa direzione è stato particolarmente attivo il Ceo di Meta.

La notizia è stata diffusa dal Wall Street Journal mercoledì. Il quotidiano economico cita come fonti tre persone a conoscenza dei fatti, che hanno parlato a condizione di restare anonimi.

Due di loro hanno dichiarato che l'accordo include una donazione di 22 milioni di dollari per la futura biblioteca presidenziale di Trump. Il resto sarà destinato a spese legali e di altro tipo.

Un accordo iniziato a novembre

Zuckerberg ha fatto visita a Trump a novembre nella sua tenuta di Mar-a-Lago in Florida, per cercare di ricucire i rapporti non idilliaci con il presidente.

Durante la cena, il tycoon ha suggerito di cercare un accordo per la causa. Così è iniziata la trattativa, chiusasi mercoledì. Meta ha anche donato un milione di dollari al comitato per l'insediamento di Trump.

In cambio, a Zuckerberg è stato stato concesso un posto in prima fila durante il giuramento di Trump la scorsa settimana. Al suo fianco c'erano Sundar Pichai di Google, Jeff Bezos di Amazon ed Elon Musk, il patron di X.

Prima dell'insediamento, Meta ha annunciato l'abbandono del fact-checking sulla sua piattaforma.

Trump aveva fatto causa alla piattaforma pochi mesi dopo la fine del suo primo mandato, definendo l'azione delle società di social media "illegale, vergognosa censura del popolo americano".

Come funziona la moderazione dei contenuti sui social media

Ai sensi della Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, i social network sono autorizzati a moderare i loro servizi. Debbono quindi rimuovere i post osceni o che violano gli standard dei servizi stessi. Questo però è vincolato al fatto che agiscano in "buona fede".

Ma il partito repubblicano americano sostiene da tempo che X, Facebook e le altre piattaforme dovrebbero smettere di moderare i contenuti, per evitare la violazione del diritto di parola. La legge, inoltre, solleva le piattaforme dalla responsabilità dei contenuti postati dagli utenti.

Il contenzioso chiuso con Abc News

L'accordo con Meta arriva dopo che il mese scorso Abc News ha accettato di pagare 15 milioni di dollari alla biblioteca presidenziale di Trump, per chiudere una causa per diffamazione intentata contro il conduttore George Stephanopoulos.

L'anchorman avrebbe affermato che il presidente eletto sarebbe stato ritenuto civilmente responsabile dello stupro della scrittrice E. Jean Carroll. Abc News ha inoltre accettato di pagare un milione di dollari di spese legali allo studio legale dell'avvocato di Trump, Alejandro Brito.

Nell'accordo il pagamento della Abc per la biblioteca presidenziale viene definito come "beneficenza", destinata a una no-profit che costruirà la biblioteca, in futuro.

Le cause ancora aperte di Trump coi media

Il presidente sostiene di essere stato penalizzato da gran parte dei media tradizionali nel corso degli ultimi anni.

Trump ha una causa aperta con Cbs News: secondo lui, l'emttente ha mandato in onda un'intervista compiacente nel programma "60 Minutes" all'ex vicepresidente Kamala Harris, con "atti illegali di interferenza elettorale", volti a "influenzare il pubblico verso una parte politica".

Ha poi intentato una causa contro il Des Moines Register, società madre del giornale Gannett, e contro la sondaggista Ann Selzer. In quel caso, era stato pubblicato un sondaggio che sottostimava il consenso di Trump in Iowa. Entrambi i media hanno respinto le accuse.

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