Una nuova classifica mostra i progressi compiuti dai Paesi europei in materia di diritti Lgbtq+, con il Regno Unito e l'Ungheria che hanno registrato i maggiori cali
Malta, Belgio, Islanda, Danimarca e Spagna si confermano nel 2025 come i primi cinque Paesi europei per diritti Lgbtq+, secondo la nuova edizione della Rainbow Map pubblicata da Ilga-Europe, l’organizzazione paneuropea per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer.
Malta guida la classifica da dieci anni consecutivi, ottenendo un punteggio di 88,83 per cento, mentre il Belgio sale al secondo posto con 85 punti, grazie a nuove politiche che affrontano esplicitamente l’odio basato su orientamento sessuale, identità di genere e caratteristiche sessuali. A seguire, l’Islanda, che scende di una posizione, poi la Danimarca e la Spagna, che completano la top five.
Dietro i numeri, segnali preoccupanti
Nonostante i risultati eccellenti del Belgio, i dati raccolti a livello nazionale raccontano una realtà più complessa. Secondo Unia, il Centro federale belga per le pari opportunità, e l’Istituto per l’uguaglianza di genere, le denunce legate a discriminazione e violenza nei confronti di persone Lgbtq+ restano elevate.
Nel 2024 sono stati segnalati 136 episodi di discriminazione legati all’orientamento sessuale, molti dei quali classificati come aggressioni fisiche o gravi molestie. In oltre un terzo dei casi si è trattato di aggressioni con percosse, spesso commesse da gruppi di giovani uomini contro altri uomini, in un contesto che riflette una cultura omofoba ancora radicata anche nei Paesi più avanzati sul piano legislativo.
Chi migliora nella classifica Lgbtq+
Tra i Paesi che hanno fatto registrare i progressi più significativi ci sono Austria e Lettonia, entrambe salite di quattro posizioni rispetto all'anno precedente, grazie a nuove misure di protezione e riconoscimento dei diritti.
Germania, Repubblica Ceca e Polonia guadagnano tre posizioni ciascuna, segnalando un miglioramento nei rispettivi quadri normativi, soprattutto in materia di crimini d’odio e protezione della libertà di espressione per le persone Lgbtq+. Tuttavia, in molti casi, queste riforme restano ancora sulla carta o faticano a tradursi in cambiamenti concreti nella vita quotidiana.
Il punteggio medio dei Paesi dell’Unione europea è di 51,13 per cento, mentre la media a livello continentale si ferma al 41,85 per cento, riflettendo un’Europa divisa in due sul fronte dei diritti civili.
In coda Romania, Polonia e Bulgaria
Sul fondo della classifica restano Romania, Polonia e Bulgaria, rispettivamente con un punteggio del 19 per cento e del 21 per cento. In questi Paesi, la mancanza di leggi contro la discriminazione, l’assenza di riconoscimento legale per le persone transgender e la scarsa tutela penale contro i crimini d’odio continuano a pesare sul punteggio complessivo.
Secondo Katrin Hugendubel, direttrice dell'advocacy di Ilga-Europe, l’arretramento di alcuni Stati non è solo il risultato di una mancata riforma, ma di un’offensiva politica deliberata: "Gli attori del centro e dell'estrema destra nell'UE stanno prendendo di mira i finanziamenti alle Ong per indebolire le organizzazioni che difendono i diritti, mentre a livello nazionale assistiamo all'introduzione di leggi concepite unicamente per emarginare".
Regno Unito e Ungheria, declino marcato
A preoccupare è anche il crollo del Regno Unito, che ha perso sei posizioni, scivolando al 22esimo posto. A determinare il calo è stata, in particolare, la controversa decisione della Corte Suprema britannica di ridefinire il concetto legale di “donna” esclusivamente in termini di sesso biologico, escludendo le persone transgender dall’accesso ad alcuni diritti fondamentali.
Ancora più grave la situazione in Ungheria, che ha perso sette posizioni dopo essere diventata il primo Paese dell’Ue a vietare per legge una marcia del Pride, criminalizzando di fatto l’organizzazione e la partecipazione a eventi di visibilità Lgbtq+. Le multe previste per chi partecipa a eventi vietati possono arrivare fino a 200.000 fiorini ungheresi (circa 503 euro), e secondo la legge, tali sanzioni saranno destinate a un fondo per la “protezione dell’infanzia”.
Un'ondata repressiva mascherata da tradizione
Le tendenze regressive osservate in Ungheria, Regno Unito, Georgia e altri Paesi non sono isolate, secondo Ilga-Europe, ma fanno parte di una strategia globale più ampia, che punta a cancellare i diritti Lgbtq+ sotto l’apparenza di difesa della “tradizione” o della “stabilità pubblica”.
“Simili iniziative non segnalano solo regressioni isolate, ma una reazione globale coordinata volta a cancellare i diritti, cinicamente incorniciata come difesa della tradizione o della stabilità pubblica, ma in realtà progettata per consolidare la discriminazione e reprimere il dissenso”, ha dichiarato Hugendubel.
Una mappa che fotografa un'Europa divisa
La Rainbow Map 2025 mette in evidenza una Europa a due velocità: da un lato, Paesi come Malta, Belgio e Islanda che continuano a espandere diritti e tutele, dall’altro, un blocco orientale e conservatore che o rallenta o arretra.
La mappa di Ilga-Europe, che misura i diritti Lgbtq+ in sette categorie chiave — tra cui uguaglianza, famiglia, discorsi d’odio, riconoscimento legale del genere e spazio civico — resta uno strumento cruciale per monitorare il progresso (o la sua assenza) nei 49 Paesi del continente.
Ma il suo messaggio principale è chiaro: nessun progresso è garantito, e anche nei Paesi più avanzati, la lotta contro la discriminazione è tutt’altro che conclusa.