In un'intervista a Euronews, Ates Gürpinar, vicepresidente federale di Die Linke, il partito di sinistra tedesco, spiega perché si oppone al servizio militare obbligatorio, anche in un contesto di crescente instabilità globale
A partire da quest’anno, il governo tedesco discuterà l’introduzione di un servizio militare ispirato al modello svedese, che prevede una chiamata limitata di giovani selezionati, su base parzialmente volontaria. Un’iniziativa fortemente sostenuta dal ministro della Difesa Boris Pistorius, che negli ultimi mesi ha aumentato la pressione per il riarmo della Bundeswehr.
Contro questa proposta si schiera con fermezza il Partito della Sinistra (Die Linke), che vede nel ritorno anche solo parziale della leva militare un passo indietro per la società tedesca. Euronews ne ha parlato con Ates Gürpinar, vicepresidente federale del partito per discutere della capacità di difesa della Germania e delle implicazioni politiche e sociali della coscrizione.
Euronews: L’accordo di coalizione prevede l’introduzione quest’anno di un servizio ispirato al modello svedese. Qual è la vostra posizione?
Ates Gürpinar: La Sinistra rifiuta ogni forma di servizio militare obbligatorio. La sospensione della leva nel 2011 è stato un grande successo per il movimento degli obiettori di coscienza.
Euronews: Dunque anche lei ritiene sbagliata la proposta del ministro Pistorius?
Gürpinar: Pistorius stesso la definisce un “modello di transizione”, ma a nostro avviso è un modo per reintrodurre la leva militare dalla porta di servizio. Fa parte di una strategia di preparazione alla guerra, di cui Pistorius è uno dei principali promotori. Il nuovo governo sta portando avanti questa linea e noi la respingiamo.
Euronews: Ma la minaccia alla sicurezza esiste. Come rendere allora la Germania più capace di difendersi?
Gürpinar: I numeri parlano chiaro: l’Unione europea spende già 320 miliardi di euro all’anno in armamenti, seconda solo agli Stati Uniti. Dal punto di vista finanziario, la capacità di difesa non è in discussione.
Euronews: Ma avere armi non basta se mancano le persone per usarle. Non è proprio questo che dovrebbe garantire il servizio militare obbligatorio?
Gürpinar: È un tema rilevante, ma oggi i conflitti non si combattono più mobilitando il maggior numero possibile di persone. Il problema è che stiamo piegando l’intero discorso pubblico alla logica del riarmo, persino nelle scuole, dove si parla di educazione alla “difesa civile”, che però include anche la guerra. Intanto mancano insegnanti, operatori sanitari, personale nei trasporti pubblici. E l’unica risposta è militarizzare la società? Noi diciamo no.
Euronews: È possibile che due verità convivano: carenza di manodopera e necessità di preparazione civile. Non è sensato insegnare a scuola come comportarsi in caso di emergenza?
Gürpinar: Capisco il ragionamento, ma non lo condivido. Preparare i giovani alla guerra è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Molti studenti oggi non imparano nemmeno a nuotare. Le risorse dovrebbero essere investite nella sanità, nell’educazione, nei trasporti e nella transizione ecologica. Noi siamo l’unico partito che lo dice apertamente. Tutti gli altri parlano di riarmo e lamentano mancanza di fondi.
Euronews: Il servizio militare obbligatorio è utile anche per la protezione civile, ad esempio durante le alluvioni. Non ha senso da questo punto di vista?
Gürpinar: No, è una motivazione strumentale. Dovremmo invece espandere il servizio civile volontario e investire seriamente nella prevenzione dei disastri. Sappiamo che eventi climatici estremi torneranno. Tagliare proprio su sanità e infrastrutture non è una soluzione. Pensare che i soldati possano sostituire infermieri o badanti in caso di emergenza è una scorciatoia sbagliata.
Euronews: Alcuni militari della Bundeswehr ritengono che il dibattito sulla leva sia troppo acceso. Lei è d’accordo?
Gürpinar: Sì, è un dibattito eccessivo. È vero che l’aggressione russa ha rappresentato una svolta, e capisco le preoccupazioni di Paesi come la Finlandia o gli Stati baltici. Ma la Germania, al centro dell’Europa, dovrebbe avere un approccio diverso. La sicurezza oggi non si misura in armi, ma in strutture pubbliche che funzionano.
Euronews: Se foste al governo con responsabilità sulla difesa, cosa fareste con la Bundeswehr?
Gürpinar: Rafforzerei innanzitutto il ruolo della diplomazia.
Euronews: Ma come si può parlare di diplomazia con Putin, mentre lancia missili sulle città?
Gürpinar: La diplomazia non è solo dialogo con l’aggressore, ma anche pressione da parte di attori come Cina, India o Brasile. Se Xi Jinping chiama Putin a negoziare, lui andrà. Le istituzioni internazionali come l’Onu devono riacquistare centralità. La diplomazia non è fatta di strette di mano, ma di lavoro preparatorio, negoziati, pressioni politiche. Si tratta di relazioni affidabili e anche di pressioni economiche e politiche e di colloqui preparatori. Al momento questi non hanno quasi mai luogo.
Euronews: E se la Cina non avesse alcun interesse a fermare la Russia?
Gürpinar: La Cina ha condannato la guerra, è un primo passo. Dobbiamo usare la cooperazione economica per evitare l’escalation. Nessuno dovrebbe sentirsi in grado di vincere una guerra: è così che si prevengono i conflitti. L'idea che la guerra non sia una soluzione deve tornare a essere credibile. Anche se non credo che Putin, Xi o Erdogan siano affidabili. Le dipendenze internazionali possono garantire che nessuno inizi una guerra perché non può vincerla.
Euronews: Non è un pensiero ingenuo in un mondo così instabile?
Gürpinar: Serve uno sforzo enorme, ma anche prima del 1914 si diceva “non c’è alternativa al riarmo”, e abbiamo visto dove ci ha portato. Se l’Europa, con la seconda spesa militare più alta al mondo, continua ad armarsi, anche gli altri faranno lo stesso. Il ciclo degli armamenti va spezzato.
Euronews: La Russia ha già dichiarato un’economia di guerra.
Gürpinar: Eppure spende meno di noi. Se per Putin la vita umana vale poco, non dobbiamo imitarlo. Se le armi garantissero sicurezza, avrebbero già fermato Putin. Ma non l’hanno fatto. Serve una società forte socialmente, non solo militarmente.
L'AfD è attualmente al 25 per cento nei sondaggi. Ad essere sincero, ho un interesse molto personale a garantire che non ci riarmiamo per 500 miliardi ora, solo per far sì che l'AfD prenda il sopravvento alla fine. Per me si tratta di un problema molto concreto: chi ha a disposizione queste armi?
Credo che la conseguenza dovrebbe essere la messa in sicurezza sociale del Paese e l'avvio di un dialogo con altri Paesi con l'obiettivo di rendere nuovamente concepibile il disarmo. Quando l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti hanno avviato il disarmo, anche questo era considerato irrealistico. Nessuno ci credeva, eppure gli accordi di disarmo furono conclusi, almeno per quanto riguarda le armi nucleari. È proprio lì che dobbiamo tornare: pensare a scenari di pace, a un disarmo reciproco invece che a un costante riarmo.
Euronews: Ma per quanto riguarda in particolare le armi nucleari, negli ultimi tre anni abbiamo assistito a ripetute minacce da parte della Russia. Ciò significa che lo scenario di pace non ha mai funzionato. Fino a che punto potrà arrivare la Germania se percorrerà la strada del disarmo da sola?
Gürpinar: Naturalmente la Germania non può salvare il mondo da sola, così come non può salvare il clima o la pace e la guerra. Ma può iniziare. Il semplice fatto di dire "non ci armiamo più" attirerebbe l'attenzione internazionale. Se la Germania segue questa strada, altri Paesi potrebbero seguirne l'esempio. Naturalmente, so che non sarò in grado di far passare questa posizione da un giorno all'altro, né qui né a livello internazionale. Ma il punto è dare un impulso.
Euronews: Ma la Germania fa parte della Nato, e non è detto che gli Stati Uniti ci proteggano per sempre.
Gürpinar: Già nel 2022 avevamo un fondo straordinario da 100 miliardi. Ora possiamo spendere quanto vogliamo, eppure ci sentiamo sempre vulnerabili. Intanto, la Russia non ha raggiunto i suoi obiettivi in Ucraina. E la Germania è una delle potenze militari più forti al mondo, anche se non riesce a far arrivare un treno in orario. Il vero investimento deve essere nel Paese.
Euronews: Ha contatti diretti con la Bundeswehr?
Gürpinar: Sì, ci sono contatti sia con me che con i miei colleghi, anche se non è il mio tema principale, mi occupo soprattutto di sanità. Sono un pacifista, ma credo sia fondamentale il dialogo con tutte le parti, inclusi i militari. Tuttavia, per la maggior parte di noi i contatti quotidiani sono con insegnanti, operatori sanitari, educatori, non con soldati. E questo dovrebbe dirci qualcosa.