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17 Paesi europei chiedono un "cambio di paradigma" per espellere i richiedenti asilo

Da anni i Paesi dell'UE lottano per migliorare il tasso di espulsioni.
Da anni i Paesi dell'UE lottano per migliorare il tasso di espulsioni. Diritti d'autore  AP/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Diritti d'autore AP/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Di Jorge Liboreiro
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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L'Unione europea ha lottato per migliorare il tasso di espulsione dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta.

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Un gruppo di 17 Paesi europei ha chiesto un "cambiamento di paradigma" nella politica migratoria per garantire che i richiedenti asilo le cui domande sono state respinte siano effettivamente e rapidamente rimandati nei loro Paesi d'origine.

Questo nuovo approccio dovrebbe comportare "conseguenze" per coloro che ricevono un ordine di rimpatrio ma non lasciano mai il continente.

"Le persone che non hanno il diritto di rimanere devono essere ritenute responsabili. Una nuova base giuridica deve definire chiaramente i loro obblighi e doveri", scrivono i Paesi in un documento non ufficiale visionato da Euronews. "La mancata cooperazione deve avere conseguenze ed essere sanzionata".

I governi, continuano, "devono essere autorizzati" a effettuare le espulsioni "nel pieno rispetto dei diritti fondamentali".

Chi sostiene il documento e cosa prevede il testo?

Il documento è stato realizzato sotto la guida di Austria e Paesi Bassi e approvato da Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Slovacchia e Svezia. Anche la Norvegia e la Svizzera, due Stati non membri dell'Ue che fanno parte dell'Area Schengen, hanno prestato la loro firma.

Il gruppo chiede alla Commissione europea di trattare la questione "rapidamente" e di presentare un "quadro all'avanguardia che risponda alle sfide e agli sviluppi reali", basandosi sulle discussioni di un gruppo di lavoro riunitosi a giugno.

Nelle conclusioni di tale riunione sono state avanzate diverse idee per affrontare il basso tasso di espulsioni effettive del blocco, che si aggira ostinatamente intorno al 30% senza alcun cambiamento significativo. Le idee includevano l'utilizzo delle politiche commerciali e dei visti come "leva" per costringere i Paesi d'origine a riprendere i propri cittadini dopo il rifiuto della domanda d'asilo. (Questa mancanza di cooperazione è stata citata come una delle principali ragioni del basso tasso di rimpatrio).

L'incontro di giugno ha proposto anche la definizione di una "decisione comune europea in materia di rimpatrio" per affrontare un altro problema ricorrente: gli Stati membri a volte non riconoscono gli ordini di rimpatrio emessi da un altro Stato membro.

Queste proposte specifiche, tuttavia, non sono menzionate nel nuovo documento informale, che serve soprattutto a sollecitare l'azione della Commissione e a mostrare un forte sostegno politico: il gruppo di 17 membri comprende tutte le regioni d'Europa, dalla Scandinavia al Mediterraneo, e governi dalla destra dura al centro-sinistra.

A rischio l'Area Schengen

L'appello congiunto giunge mentre i ministri degli Interni si riuniranno giovedì in Lussemburgo, per la prima volta da quando la Germania ha reintrodotto i controlli in tutte le frontiere terrestri, l'Ungheria ha minacciato di strumentalizzare i migranti irregolari contro il Belgio e i Paesi Bassi hanno chiesto una clausola di non partecipazione alle norme UE sull'asilo.

La migrazione dovrebbe essere anche all'ordine del giorno di un vertice di due giorni dei leader dell'UE la prossima settimana.

La rapida successione di eventi ha sollevato serie preoccupazioni sulla sostenibilità dell'Area Schengen e del Nuovo Patto sulla Migrazione e l'Asilo, la revisione legislativa che il blocco ha completato a maggio. Il Nuovo Patto prevede disposizioni per colmare il divario tra le procedure di asilo e di rimpatrio, ma, come si evince dal documento informale, gli Stati membri vogliono un atto legislativo separato per affrontare la questione delle espulsioni.

Una proposta di riforma della direttiva sui rimpatri del 2008 è ferma al Parlamento europeo dal 2019. Per il gruppo dei 17 Paesi è ora necessario un testo nuovo di zecca.

Nelle linee guida per il suo secondo mandato, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha promesso un "nuovo approccio comune sui rimpatri, con un nuovo quadro legislativo per accelerare e semplificare il processo, garantire che i rimpatri avvengano in modo dignitoso, digitalizzare la gestione dei casi e assicurare che le decisioni di rimpatrio siano reciprocamente riconosciute in tutta Europa".

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