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Approvata definitivamente la riforma della politica migratoria Ue: contrarie Polonia e Ungheria

I regolamenti principali del Patto migrazioni e asilo si applicheranno a partire dai due anni dopo l'entrata in vigore
I regolamenti principali del Patto migrazioni e asilo si applicheranno a partire dai due anni dopo l'entrata in vigore Diritti d'autore Darko Bandic/Copyright 2020 The AP. All rights reserved.
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Di Vincenzo Genovese
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Gli Stati membri dell'Unione europea hanno approvato definitivamente gli atti del Patto migrazioni e asilo, che sostituisce il Regolamento di Dublino

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Durante la sessione di voto al Consiglio dell'Ue a Bruxelles, i rappresentanti di Polonia e Ungheria hanno votato contro tutti i testi legislativi, come previsto. 

Altri Paesi si sono astenuti o hanno espresso voto contrario in singoli casi, come Slovacchia, Cechia, Malta o Austria. Ma tutti i regolamenti e le direttive sono stati approvati, essendo raggiunta la maggioranza qualificata necessaria: il 65% dei Paesi dell'Ue, con almeno il 55% della popolazione complessiva. L'Italia ha votato a favore in tutti i casi.

Il numero di richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea

Il muro di Polonia e Ungheria

L'opposizione di Polonia e Ungheria potrebbe costituire un problema al momento di rendere operative misure previste dal Patto, per cui la Commissione Europea presenterà a giugno un piano di attuazione e gli Stati membri avranno tempo fino a gennaio per presentare i propri piani nazionali.

I governi di Varsavia e Budapest si oppongono in particolare al **meccanismo di “solidarietà obbligatoria”**incluso nel regolamento sulla gestione dell'asilo e della migrazione, approvato con i voti contrari di Polonia, Ungheria e Slovacchia, oltre alle astensioni di Cechia, Malta e Austria. 

Il meccanismo prevede la redistribuzione di almeno 30mila richiedenti asilo all'anno nei Paesi dell'Unione o contributi finanziari per un minimo di 600 milioni di euro, di cui beneficeranno gli Stati soggetti a maggiore pressione migratoria. Gli altri Stati membri potranno decidere se contribuire ricollocando un certo numero di persone migranti sul proprio territorio, oppure pagando un contributo in denaro pari a 20mila euro per richiedente asilo. Ma Ungheria e Polonia non vogliono né ricollocare, né pagare.

"Il Patto sulla Migrazione è un altro chiodo sulla bara dell'Unione Europea. L'unità è morta, i confini sicuri non esistono più. L'Ungheria non si arrenderà mai alla frenesia migratoria di massa!" aveva detto il primo ministro ungherese Viktor Orbán dopo l'approvazione del Patto da parte del Parlamento europeo.

Quello polacco Donald Tusk, che ha adottato nei confronti di Bruxelles un approccio conciliatorio su molti temi, mantiene sulla questione migratoria la linea del suo predecessore, l'ultra conservatore Mateusz Morawiecki, definendo il Patto  “inaccettabile” per il suo Paese. "Proteggeremo la Polonia dal meccanismo di ricollocazione", le sue parole.

Un'applicazione diseguale delle regole comporterebbe un grosso problema per il funzionamento della nuova architettura migratoria, le cui diverse leggi sono strettamente intrecciate. Se alcuni Stati membri cominciassero a ignorare i loro obblighi, l'intero sistema di solidarietà sarebbe indebolito e reso inefficace.

"Ciò è ovviamente problematico visto che il meccanismo prevede una solidarietà flessibile ma obbligatoria, per cui tutti gli Stati membri sono obbligati a fornire una qualche forma di solidarietà", dice a Euronews Helena Hahn, esperta di migrazioni allo European Policy Centre.

"Il rischio è quello di avere una situazione molto simile a quella vista oggi, o negli anni passati, in cui gli Stati membri sotto pressione migratoria non hanno ricevuto la solidarietà da parte degli altri".

Ylva Johansson, commissaria europea agli Affari interni, ha già chiarito che si aspetta un'applicazione uniforme da parte di tutti i Paesi dell'Ue, e che in caso contrario la Commissione è pronta a utilizzare gli strumenti coercitivi in suo potere, fino ad arrivare all'emissione di procedure di infrazione.

Ma il processo è lento e possono volerci anni prima che la Corte di giustizia europea emetta una sentenza di condanna nei confronti di un Paese. E nel frattempo, persone migranti continueranno probabilmente ad arrivare in modo irregolare ai confini dell'Ue e a chiedere asilo ai suoi Paesi membri. Nel 2023 si sono registrate 1.048.900 richieste, il dato più alto dal 2016.

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