La Tropical Forest Forever Facility mira a mobilitare investimenti per 108 miliardi di euro che potranno essere utilizzati per premiare 74 Paesi in via di sviluppo per ogni ettaro di foresta che preserveranno
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz si è impegnato a sostenere un'iniziativa del Brasile per la conservazione delle foreste in pericolo in tutto mondo. L'annuncio è arrivato a pochi giorni dall'avvio ufficiale della trentesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop30 che si terrà a Belém dal 10 al 21 novembre.
Raccolti 5,5 miliardi di dollari per la Tropical Forest Forever Facility
L'iniziativa, battezzata Tropical Forest Forever Facility, ha raccolto 5,5 miliardi di dollari (4,7 miliardi di euro) di promesse, con la Norvegia e la Francia che, tra le altre nazioni, si sono unite al fianco di Brasile e Indonesia. Merz ha fatto sapere che anche la Germania contribuirà in maniera "considerevole", benché non abbia specificato con quale importo.
Il fondo mira a far raggiungere i 125 miliardi di dollari (108 miliardi di euro) che potranno essere utilizzati per premiare 74 Paesi in via di sviluppo per ogni ettaro di foresta che preserveranno. Decine di governi hanno espresso il loro sostegno al fondo e sono impegnati in colloqui per saperne di più, ha dichiarato il ministro delle Finanze brasiliano Fernando Haddad. Tra le nazioni che daranno il loro contributo, figurano la Cina e gli Emirati Arabi Uniti.
Il vicepremier cinese Ding Xuexiang ha dichiarato che Pechino "è pronta a rafforzare la cooperazione con tutti i governi per la conservazione delle foreste pluviali tropicali e fornire un contributo maggiore". Anche nel suo caso, però, non è stata indicata una cifra precisa. L'assenza di impegni da parte di alcuni Paesi che hanno lodato l'iniziativa, tra cui il Regno Unito, si è fatta notare perché i governi devono affrontare vincoli politici e di bilancio.
Una governance autonoma per sostenere le foreste tropicali
Finanziato da un debito fruttifero anziché da donazioni, il fondo investirebbe le sue attività per generare rendimenti che verranno utilizzati per ripagare i creditori e sostenere i Paesi che riducono la deforestazione.
Piuttosto che fare affidamento sulla buona volontà, il sistema mira dunque a rendere più redditizio per i governi tutelare le loro aree boschive, piuttosto che sacrificarle per far spazio all'agroindustria o all'estrazione mineraria.
Le regole del fondo prevedono che i governi accantonino il 20 per cento dei premi ricevuti per progetti a favore delle popolazioni indigene, che per secoli hanno gestito e preservato le terre.
"Con questo possiamo superare le fluttuazioni delle politiche governative e garantire una struttura, una governance autonoma per sostenere le foreste tropicali", ha dichiarato ai giornalisti il ministro brasiliano per le Popolazioni indigene, Sonia Guajajara. Ai colloqui sul clima è prevista un'ampia presenza di tribù, in particolare dal Brasile e dai Paesi limitrofi.
Come noto, le foreste, a partire da quella amazzonica, nei cui pressi il Brasile ospita la Cop30, svolgono un ruolo cruciale nella regolazione del clima assorbendo enormi quantitativi di anidride carbonica, il gas ad effetto serra più diffuso nell'atmosfera terrestre, in grandissima parte per via della combustione di carbone, petrolio e gas da parte dell'uomo.
Il tentativo di uniformare i sistemi di scambio delle quote di emissioni di CO2
Venerdì l'Unione europea ha dichiarato di volersi unire al Brasile e ad altri Paesi in una coalizione volta a unificare i mercati di scambio delle quote di emissioni di CO2 (meccanismi che puntano a imporre un tetto complessivo a quanto disperso ogni anno nell'atmosfera) e a incentivare le nazioni e le aziende a ridurre le emissioni stesse.
Il Brasile ha dichiarato di volere che la Cop30 introduca un quadro internazionale sui prezzi delle emissioni di biossido di carbonio, al fine di impedire standard diversi. Il sistema punta, una volta stabilito un tetto alle emissioni, ad assegnarne determinate quote, il che può essere fatto in termini territoriali o per settore o per azienda. Come se si trattasse di "diritti ad emettere CO2".
I soggetti virtuosi che "consumeranno" solo una parte del totale di emissioni consentite, possono vendere i crediti non utilizzati alle aziende più inquinanti. Che devono, dunque, pagare per proseguire i loro business dannosi per il clima. In questo modo, i mercati di scambio delle emissioni dovrebbero fungere da deterrente e incentivare comportamenti sostenibili.
Anziché cercare di convincere quasi duecento Paesi a unirsi in un mercato unificato, cosa che non è riuscita nei precedenti vertici, il Brasile e l'Ue affermano di puntare a un insieme di regole di base per uniformare i diversi sistemi.
La presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che i sistemi di scambio delle emissioni rappresentano "una delle migliori risorse per il clima. Insieme al Brasile e ad altri partner, facciamo le cose per bene e le facciamo insieme".