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Da "maiala" a "brutta": l'ultimo insulto di Donald Trump alle giornaliste suscita reazioni in rete

Trump definisce "brutta" la giornalista dopo il recente sfogo "porco".
Trump definisce "brutta" la giornalista dopo il recente sfogo "porco". Diritti d'autore  AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di David Mouriquand
Pubblicato il
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In un post sul social della verità, Donald Trump si è scagliato contro la giornalista del New York Times Katie Rogers dopo che un articolo gli aveva chiesto se stesse mostrando segni di stanchezza. Ha risposto definendo la giornalista "brutta"

Donald Trump torna nel mirino delle critiche per un nuovo attacco alle giornaliste. Dopo lo sfogo virale in cui aveva definito “maiala” la corrispondente di Bloomberg Catherine Lucey — traduzione già utilizzata dai media italiani per rendere il suo “quiet, pig” — l’ex presidente degli Stati Uniti ha rivolto un altro insulto a una reporter del New York Times.

In un post su Truth Social, Trump ha preso di mira la giornalista Katie Rogers definendola “brutta, dentro e fuori”, risposta al reportage del New York Times che analizzava i suoi impegni pubblici e rilevava una presenza più ridotta rispetto al suo primo mandato, con occasionali segni di stanchezza.

L’attacco a Rogers e la difesa del New York Times

Trump ha accusato il quotidiano di pubblicare articoli “in malafede”, sostenendo che i giornalisti del Times “ci sono ricascati”, alludendo al loro presunto accanimento. Nel suo post, ha scritto: “L’autrice dell’articolo, Katie Rogers, incaricata di scrivere solo cose negative su di me, è una giornalista di terza categoria che è brutta, sia dentro che fuori.”

Sui social media, molti hanno criticato l’ennesima uscita sessista del presidente, sottolineando che Trump ha preso di mira Rogers ma non il coautore dell’articolo, Dylan Freedman. Numerosi utenti hanno collegato l’episodio al precedente insulto rivolto a Lucey e alle sue frasi misogine del passato.

Di seguito sono riportate alcune delle reazioni:

Charlie Stadtlander, portavoce del New York Times, ha difeso i suoi giornalisti, scrivendo: "I servizi del Times sono accurati e si basano su resoconti di prima mano dei fatti. I nomi e gli insulti personali non cambiano le cose, né i nostri giornalisti esiteranno a coprire questa amministrazione di fronte a tattiche intimidatorie come questa".

La dichiarazione prosegue: "Giornalisti esperti e scrupolosi come Katie Rogers esemplificano come una stampa indipendente e libera aiuti il popolo americano a comprendere meglio il proprio governo e i suoi leader".

La Casa Bianca ha però preso le parti di Trump. La portavoce Abigail Jackson ha dichiarato che il presidente “non è mai stato politicamente corretto” e che il suo linguaggio non ha nulla a che vedere con il genere: “La fiducia nel mondo dei media è ai minimi storici”.

Un funzionario aveva difeso anche il precedente “tranquilla, porcellina” rivolto a Lucey, sostenendo che la giornalista si era comportata “in modo non professionale”, senza fornire prove.

Un modello ricorrente

Gli attacchi di Trump alle giornaliste sono parte di una lunga storia: dalla frase su Megyn Kelly ai tempi della prima campagna presidenziale, agli scontri con Yamiche Alcindor, fino al celebre insulto a Rosie O’Donnell definita un “grosso, grasso maiale”. Solo pochi giorni fa aveva apostrofato Mary Bruce di ABC News come “una giornalista terribile”.

La Society of Professional Journalists ha condannato gli attacchi, affermando che fanno parte di “un chiaro schema di ostilità, spesso diretto alle donne”, che mina il ruolo della stampa libera.

Caroline Hendrie, direttrice dell’associazione, ha commentato: “Quando i giornalisti pongono domande difficili, soprattutto sull’omicidio di un collega, non sono loro a doversi vergognare. È grave che un leader cerchi di silenziarli”.

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