Dopo la guerra zone come Iraq e Siria sono preda dei tombaroli

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Di Paolo Alberto Valenti
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L'Unesco stima che il mercato illegale di reperti archeologici raggiunga ogni anno la cifra d'affari di 15 milardi di euro. Fra i paesi in crisi fra i più saccheggiati Iraq e Siria

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Provengono da Egitto, Siria, Libia o Iraq i reperti archeologici che, estratti dalle zone di guerra, sono stati ridefiniti "le antichità del sangue". Dall'inizio della pandemia, questi pezzi archeologici sono progressivamente emersi sui social network. 

In queste immagini ad Aleppo in Siria, i saccheggiatori si preparano a trafugare un mosaico da un sito archeologico. Per chi si occupa di scavi e archeologia questi reperti sono gestiti in modo illegale.

Le "miniere" Iraq e Siria

"Le tavolette mesopotamiche provengono da Iraq e Siria. Cioè da zone di conflitto. Quindi antichità del sangue è un termine appropriato anche perchè il loro commercio può finanziare il terrorismo. Parliamo Comunque di opere illegalmente rimosse da questi paesi": spiega Vincent Michel, archeologo all'Università di Poitiers nonché direttore della missione francese in Libia.

La geografia del mercato illegale

I pezzi poi trovano il loro destino su siti commerciali per far gola ai principali mercanti d'arte europei. Due giovani ricercatori francesi si sono messi sulle tracce di questo commercio clandestino e ne hanno mappato la dimensione.

Morgan Belzic, ricercatore presso l'Istituto di Storia dell'Arte di Parigi, mostra un busto venduto da Bonhams con una presentazione molto interessante. "Si racconta che questa collezione provenga da un certo signor S. di Zurigo - siega Belzic -  Svizzera, anni '90. Ma abbiamo fotografie scattate dai tombaroli, le foto sono datate 2013-2014 e sono il risultato di scambi sui social network da parte dei trafugatori che cercano di esaurire le loro scorte provenienti probabilmente da una necropoli".

A caccia di reperti grazie a una applicazione

Il ritrovamento di beni artistici saccheggiati potrebbe generalizzarsi con un'applicazione già in uso per il momento alle dogane. L'Unesco stima che il traffico d'arte antica rappresenti un mercato fino ai 15 miliardi di euro l'anno.

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