Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. La Spagna è diventata un punto di riferimento nella lotta contro questa piaga sociale. Tuttavia, gli esperti ritengono che ci sia ancora del lavoro da fare
Negli ultimi anni, la Spagna si è affermata come punto di riferimento europeo nella lotta contro la violenza di genere: per la visibilità pubblica data al problema, per i risvolti legislativi e per la creazione di meccanismi di assistenza e protezione che cercano di offrire una risposta rapida e capillare alle vittime.
Dalle campagne di sensibilizzazione ai programmi educativi, dai servizi specializzati agli ordini di protezione e ai protocolli di coordinamento tra le amministrazioni, il modello spagnolo è spesso citato come esempio per la sua ambizione e per aver fatto dell'eliminazione della violenza di genere una priorità politica e sociale.
Ma questi passi in avanti non escludono delle crepe ancora evidenti. Persistono disuguaglianze territoriali nell'applicazione delle misure, lacune nell'attenzione ai gruppi vulnerabili, saturazione delle risorse di assistenza, ritardi giudiziari e carenze in prevenzione e formazione. A ciò si aggiungono nuove forme di violenza, economica, digitale o legata a contesti migratori, che richiedono un adattamento e un rafforzamento delle risposte attuali. La tensione tra progressi normativi e difficoltà di attuazione rimane una delle grandi sfide.
"Non c'è un singolo elemento che fallisce nel sistema, ma piuttosto una concatenazione di circostanze che non vengono risolte", afferma Virginia Álvarez, responsabile del dipartimento di ricerca sui diritti umani e affari interni di Amnesty International in Spagna, che avverte anche che la violenza contro le donne "è profondamente radicata nel sistema".
Il programma VioGén è "un sistema unico"
Uno dei principali meccanismi per combattere questa piaga in Spagna è il programma VioGén, lanciato nel 2007 dal ministero dell'Interno per raccogliere informazioni sulle vittime, valutare il loro grado di rischio e fornire una protezione coordinata, che comprende allarmi, avvertimenti e monitoraggio interistituzionale.
Nonostante le sue carenze, una delegazione della polizia greca si è recata di recente a Madrid per conoscere da vicino questo programma, che integra banche dati, valutazione del rischio, allarmi e segnalazioni per le persone a rischio.
Durante la visita, la delegazione greca ha potuto conoscere nel dettaglio il funzionamento del sistema, gli strumenti di valutazione del rischio, i protocolli di cooperazione con i servizi sociali e istituzionali e le tecnologie utilizzate per monitorare e sostenere le vittime.
Antonio Andrés, professore di Psicologia della violenza all'Università di Barcellona, ritiene che il sistema VioGén sia unico nel panorama internazionale. Sostiene che la sua progettazione segue gli standard più avanzati di valutazione del rischio e che, sebbene altri Paesi abbiano strumenti simili, nessuno è riuscito a integrarli in una piattaforma informatica a livello statale. A suo avviso, questa integrazione rende il modello spagnolo uno strumento "universale e costantemente utilizzato" nella prevenzione della violenza di genere.
Il professore spiega che VioGén è soprattutto uno strumento di polizia, anche se ha estensioni nei settori penitenziario e sanitario. Sottolinea che la sua implementazione praticamente in tutte le forze di sicurezza lo rende uno dei pilastri preventivi del Paese, in quanto consente di adeguare le risorse in base al livello di rischio rilevato. Insiste sul fatto che il suo valore principale risiede nella capacità di "mettere in relazione il livello di rischio con l'intensità della protezione", un aspetto particolarmente rilevante in un fenomeno così diffuso come la violenza di genere.
Andrés ci ricorda che nessun sistema predittivo è infallibile e sottolinea che VioGén non pretende di prevedere il futuro. Spiega che tutti i modelli, da quelli sismologici a quelli economici, commettono errori, ma sottolinea che in questo caso molte previsioni non si realizzano proprio perché vengono attivate misure preventive.
Sostiene che questi errori "non contano" quando si traducono in una protezione efficace, ma riconosce che i fallimenti che si traducono in casi gravi hanno un enorme impatto sociale, nonostante siano molto lievi.
La legge del 2004 è stata una "svolta importante", ma serve fare di più
Oltre agli strumenti specifici, entrambi gli esperti concordano nel sottolineare l'importanza delle leggi nella lotta contro la violenza di genere. In questo senso, da Amnesty International, Álvarez riconosce il valore della Legge integrale del 2004, una legislazione pionieristica che ha stabilito misure per prevenire, punire e sradicare questi casi, ma che, a suo avviso, non è sufficiente.
"La Legge integrale del 2004 è stata una svolta importante perché ha reso visibile la violenza che le donne subiscono per il fatto di essere donne (...) ma non basta avere una buona legge: servono valutazioni approfondite per capire cosa non va e perché", afferma Álvarez.
A titolo di esempio, l'esperta sottolinea come "molte donne" rinuncino a "chiedere aiuto" a causa dei numerosi "ostacoli amministrativi e burocratici" che incontrano durante il processo. "La prevenzione non è solo una questione di protezione; implica l'educazione, le campagne e il non banalizzare la violenza di genere.
A livello legislativo, Andrés ritiene che la legge spagnola rimanga una delle più avanzate in Europa, sebbene mantenga una definizione restrittiva che esclude le forme di violenza riconosciute dalla Convenzione di Istanbul.
Sottolinea che la legge si concentra esclusivamente sulla violenza nelle relazioni di intimità e ritiene che questa limitazione lasci scoperti altri tipi di aggressione. Tuttavia, sottolinea che la sua natura globale, che coinvolge giustizia, sanità, istruzione e altri settori, è stata decisiva per l'efficacia del modello spagnolo. "Abbiamo una legge che stabilisce meccanismi e risorse, ma dobbiamo garantire che venga applicata correttamente", sottolinea il professore.
Andrés avverte anche che concentrare il dibattito pubblico quasi esclusivamente sui femminicidi offre una visione incompleta. Ci ricorda che per ogni omicidio ci sono "centinaia di donne con lesioni gravi, ricoveri in ospedale o sequele permanenti", fenomeni che sono a malapena rappresentati dai media. Si dice contento del fatto che la Spagna abbia ridotto i femminicidi a livelli tra i più bassi d'Europa, ma teme che il Paese possa aver raggiunto un "effetto pavimento" che rende difficile continuare ad abbassare le cifre.
Infine, il professore si rammarica del fatto che strumenti come la macroindagine sulla violenza contro le donne non siano più aggiornati regolarmente. Sottolinea che dati regolari sono fondamentali per mantenere politiche preventive efficaci e avverte che si tratta di un fenomeno dinamico, senza soluzioni permanenti: "Può peggiorare di nuovo se abbassiamo la guardia".
Un 25 novembre segnato da mobilitazioni femministe
La Giornata internazionale contro la violenza di genere, celebrata a livello mondiale, è stata istituita in onore delle sorelle Mirabal, torturate e uccise il 25 novembre 1960 dalla dittatura del generale Trujillo, nella Repubblica Dominicana. La commemorazione di questa giornata sembra più che mai necessaria: in un recente sondaggio dell'Istituto 40dB, solo il 35 per cento degli uomini sotto i 29 anni ha reagito "molto" o "abbastanza" alla frase "c'è troppo machismo nella società", rispetto all'82 per cento delle donne.
Questa percezione si allarga quanto più si scende nella fascia d'età ed è una delle richieste del movimento femminista che si mobiliterà nei diversi Paesi. In Spagna, in particolare,questo sarà il quarto anno in cui ci saranno due diversi appelli. La ministra per l'Uguaglianza, Ana Redondo, ha confermato che parteciperà a entrambi.
La differenza tra le due manifestazioni è nata in riferimento all'elaborazione della cosiddetta "Legge sui Trans" e alle divergenze di vedute sulla prostituzione tra la parte abolizionista del movimento e quella regolamentatrice.