Mentre le condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza peggiorano, resta incerto il futuro delle trattative tra Israele e Hamas e il contenuto delle “opzioni alternative” evocate da Washington
L'inviato speciale Usa Steve Witkoff parla di fallimento dei colloqui di Gaza a Doha legato alla posizione "egoistica" di Hamas. "Abbiamo deciso di ritirare il nostro team" dal Qatar dopo "l'ultima risposta di Hamas che mostra chiaramente una mancanza di volontà di arrivare ad un cessate il fuoco" nella Striscia.
"Sebbene i mediatori abbiano compiuto grandi sforzi, Hamas non sembra coordinarsi o agire in buona fede", ha affermato Witkoff nella sua dichiarazione. "Valuteremo ora opzioni alternative per riportare a casa gli ostaggi e cercare di creare un ambiente più stabile per la popolazione di Gaza".
"È una vergogna che Hamas abbia agito in questo modo egoista. Siamo determinati a porre fine a questo conflitto e a raggiungere una pace duratura a Gaza", ha aggiunto l'inviato Usa. Witkoff non ha fornito dettagli su quali "opzioni alternative" potrebbero prendere in considerazione gli Stati Uniti, e non è chiaro se la dichiarazione sia un tentativo di aumentare la pressione sul gruppo terroristico affinché scenda a compromessi.
Non è chiaro quali siano queste “opzioni alternative”. La Casa Bianca non ha commentato immediatamente e il Dipartimento di Stato non ha risposto alle richieste di chiarimento.
Una svolta nei colloqui tra Israele e Hamas sfugge da mesi all’amministrazione Trump, mentre le condizioni a Gaza continuano a peggiorare. Il territorio ha recentemente vissuto la giornata più letale per chi cerca aiuti umanitari: domenica almeno 85 palestinesi sono stati uccisi mentre tentavano di ottenere cibo.
Le parti hanno tenuto settimane di colloqui in Qatar, con piccoli segnali di progresso ma senza nessun passo decisivo. Secondo i funzionari, il principale nodo da sciogliere resta il futuro dispiegamento delle truppe israeliane dopo l’eventuale cessate il fuoco.
Witkoff ha ribadito che gli Stati Uniti restano “determinati” a porre fine al conflitto e ha definito “una vergogna” il comportamento “egoista” di Hamas.
Giovedì, anche l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha richiamato in patria la delegazione negoziale a seguito della risposta del gruppo militante. In una breve dichiarazione, Israele ha espresso apprezzamento per gli sforzi di Witkoff e dei mediatori di Qatar ed Egitto, senza però fornire ulteriori dettagli.
Cosa prevedeva l'intesa in discussione
L’intesa in discussione prevedeva un cessate il fuoco di 60 giorni: Hamas avrebbe rilasciato dieci ostaggi vivi e i resti di altri diciotto in diverse fasi, in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele. L’accordo includeva anche un aumento degli aiuti umanitari e l’avvio di negoziati per una tregua di lungo termine.
Ma i colloqui si sono arenati sulle richieste divergenti per la fine del conflitto. Hamas insiste per un ritiro completo di Israele e la cessazione della guerra come condizione per liberare tutti gli ostaggi. Israele, invece, esige che Hamas rinunci al potere e si disarmi, condizioni che il gruppo rifiuta.
È l’ennesima battuta d’arresto per Trump, che si è proposto come pacificatore e non ha nascosto l’ambizione di ricevere il Premio Nobel per la Pace. Il presidente repubblicano aveva anche promesso una rapida fine della guerra in Ucraina, ma anche su quel fronte i risultati sono stati limitati.
All’inizio del mese, Trump aveva incontrato Netanyahu alla Casa Bianca per rilanciare il processo negoziale su Gaza. Nonostante la cooperazione tra i due leader si sia rafforzata dopo i recenti attacchi congiunti ai siti nucleari iraniani, il premier israeliano ha lasciato Washington senza alcun annuncio di progresso concreto.