Dopo l’attacco aereo statunitense contro obiettivi strategici in Iran, i bombardieri B-2 Spirit decollano verso il Pacifico, mentre la Marina USA intensifica la sua presenza nella regione. La crisi entra in una fase decisiva, con potenziali sviluppi nelle prossime 72 ore
Fonti specializzate e osservatori indipendenti del settore aeronautico hanno confermato che almeno due bombardieri strategici B-2 Spirit sono decollati dalla base di Whiteman, Missouri, nelle prime ore di venerdì 21 giugno 2025, a poche ore dall’attacco statunitense contro obiettivi strategici in Iran. I voli, identificati con i nominativi radio "MYTEE 11" e "MYTEE 21", sarebbero diretti verso la base aerea di Andersen, nell’isola di Guam, nel Pacifico occidentale.
L’operazione, che ha colpito strutture militari e nucleari iraniane, segna una svolta nella crisi tra Washington e Teheran, culminata dopo mesi di tensioni crescenti e movimenti militari. Sebbene il Pentagono non abbia ancora rilasciato un bilancio ufficiale dell’azione, fonti militari parlano di una missione “chirurgica ma ad alto impatto strategico”.
Supporto in volo e logistica post-attacco
A garantire l’autonomia operativa dei B-2 Spirit è stato un ponte aereo logistico composto da aerei cisterna KC-135 Stratotanker e KC-46 Pegasus, partiti da più basi statunitensi. Il supporto in volo ha consentito il completamento della missione d’attacco e ora accompagna il ridispiegamento dei velivoli in aree considerate più sicure o strategicamente rilevanti per le prossime ore.
Obiettivi colpiti e armi impiegate
Secondo fonti dell’intelligence occidentale, tra i bersagli dell’attacco figurano siti di sviluppo nucleare, depositi di missili balistici e centri di comando delle Forze Quds. Alcuni analisti ritengono che sia stata utilizzata anche la GBU-57 Massive Ordnance Penetrator, un’arma penetrante progettata per distruggere strutture fortificate e sotterranee, come quelle sospettate di ospitare elementi del programma nucleare iraniano.
In parallelo all’offensiva aerea, la Marina statunitense ha ridislocato il gruppo d’attacco della portaerei USS Nimitz (CVN 68) nell’area operativa della Quinta Flotta. La task force si affianca ora alla USS Carl Vinson (CVN 70), già presente nel Golfo Persico, aumentando la capacità offensiva e di deterrenza degli Stati Uniti nella regione.
Sebbene la Nimitz non sia dotata degli F-35C, i suoi F/A-18 Super Hornet, supportati dagli EA-18G Growler per la guerra elettronica, hanno contribuito a neutralizzare le difese aeree iraniane nelle prime fasi dell’attacco. Altri assetti, tra cui droni MQ-9 e velivoli E-2D Hawkeye, avrebbero fornito supporto Isr (intelligence, sorveglianza e ricognizione) in tempo reale.
Scenario in evoluzione
Il ridispiegamento dei B-2 a Guam, e forse successivamente a Diego Garcia, indica che Washington si prepara a un’eventuale seconda ondata o a un conflitto più ampio nella regione. Non è escluso, infatti, che l’operazione del 21 giugno rappresenti solo la prima fase di una campagna mirata a contenere la capacità offensiva dell’Iran, proteggere gli alleati regionali — Israele in primis — e impedire una rappresaglia su larga scala.
La USS Gerald R. Ford (CVN 78), attualmente in navigazione verso l’Europa per una missione pianificata con la Nato, potrebbe essere rapidamente dirottata nel teatro mediorientale, qualora la situazione evolvesse in una guerra su vasta scala. Intanto, Stati Uniti e alleati mantengono alta l’allerta in tutto il Mediterraneo orientale e nell’Oceano Indiano.
Le prossime 48-72 ore saranno decisive per capire se si andrà verso una nuova fase del conflitto o se prevarrà una dinamica di contenimento. Ma dopo l’attacco del 21 giugno, la crisi tra Iran e Stati Uniti ha ormai varcato il punto di non ritorno.