L’Ue apre al dialogo tecnico con i Talebani sul rimpatrio dei migranti afghani. Dibattito acceso su sicurezza, diritti umani e rischio di legittimazione del regime
L’Unione europea deve dialogare anche con governi che non riconosce e che critica apertamente. Lo ha affermato il commissario europeo per la Migrazione, Magnus Brunner, nell’intervista rilasciata a The Europe Conversation di Euronews, affrontando la delicata questione dei rimpatri verso l’Afghanistan controllato dai Talebani.
“Impegnarsi con Paesi terzi, anche se non ci piacciono i loro governi e il modo in cui agiscono, è comunque importante”, ha spiegato Brunner, commentando il negoziato della Germania con le autorità talebaneper rimandare nel Paese i cittadini afghani condannati per reati gravi o con domande d’asilo respinte. “Non è divertente, non è facile, ma non impegnarsi non è un’opzione”, ha aggiunto. I colloqui riguardano esclusivamente funzionari tecnici, senza coinvolgimento politico diretto.
Sicurezza e rimpatri: la linea dell’Ue
Secondo Brunner, l’Ue ha registrato casi di “criminali e persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza degli Stati membri” tra i migranti provenienti dall’Afghanistan. Per questo, sostiene che sia “legittimo” cercare soluzioni con Kabul per rimpatriare le persone considerate un rischio.
Il governo tedesco, attraverso il ministro degli Interni Alexander Dobrindt, ha annunciato la volontà di concludere un accordo con i Talebani nelle prossime settimane. Una decisione che ha generato frizioni all’interno della coalizione di governo, dato il drammatico arretramento dei diritti umani – in particolare delle donne – da quando i Talebani sono tornati al potere nell’agosto 2021.
Il rischio di legittimare il regime talebano
Critici e Ong avvertono che un dialogo diretto tra un grande Paese dell’Ue e il regime afghano potrebbe di fatto legittimare i Talebani sulla scena internazionale. Berlino respinge l’idea, sottolineando che non intrattiene relazioni diplomatiche formali.
Brunner ha precisato che parlare con i Talebani non equivale a riconoscerli: “Dobbiamo distinguere tra dialogare e rispettare o riconoscere un governo, cosa che non facciamo”.
L’Ue stessa ha ammesso di aver avviato colloqui esplorativi con Kabul, dopo che venti Stati membri hanno chiesto alla Commissione di trovare una via per rimpatriare cittadini afghani in situazione irregolare, soprattutto se condannati per reati.
L’allarme dell’Onu: “L’Afghanistan non può assorbire i rimpatriati”
Se da un lato i governi europei spingono per accelerare i rimpatri, dall’altro arriva l’avvertimento delle Nazioni Unite. Kanni Wignaraja, direttrice Undp per l’Asia e il Pacifico, ha dichiarato a Euronews che il Paese non è in grado di assorbire nuovi rientri.
“C’è uno scollamento tra gli appelli globali a tornare in Afghanistan e la capacità delle comunità afghane di accogliere i rimpatriati”, ha spiegato. Un recente rapporto dell’Undp evidenzia condizioni estremamente difficili: scarsità di aiuti umanitari, collasso economico, restrizioni radicali ai diritti umani fondamentali, in particolare per donne e ragazze.
Alcuni esperti, tuttavia, ritengono che una maggiore interazione internazionale con i Talebani potrebbe spingerli – almeno marginalmente – a migliorare il rispetto dei diritti umani nel Paese.
Un equilibrio fragile
L’Ue tenta dunque di muoversi su una linea sottilissima: collaborare tecnicamente con un regime non riconosciuto per motivi di sicurezza interna, senza però offrirgli una legittimità politica indesiderata. Un equilibrio precario, destinato a rimanere al centro del dibattito europeo mentre il negoziato tedesco entra nella fase finale.